TARANTO - Acciaierie d’Italia ha ottenuto, ormai da sei mesi, tutti i dati relativi alla popolazione che sono alla base della Valutazione di danno sanitario 2021, ovvero allo studio che supporta i limiti di cui si dovrà discutere in vista del rinnovo dell’Autorizzazione integrata ambientale chiesta nel 2022 dai gestori dello stabilimento: proprio a fronte dei rischi stimati per la popolazione, il siderurgico non può superare i 6 milioni di tonnellate l’anno di produzione. E adesso ha in mano un enorme archivio di dati ultrasensibili su cui si giocheranno altre partite.
Tutto nasce dalla sentenza del Tar del Lazio che a inizio 2022 ha dato ragione al siderurgico, cancellando il «no» di Asl Taranto, Aress e Arpa Puglia cui nel 2021 l’ex Ilva aveva chiesto di poter ottenere i numeri originali ma anche di esaminare le formule e le modalità operative utilizzate dai tecnici della Regione e della Asl. Una lunga battaglia (passata da ultimo anche attraverso un tentativo di Arpa di consegnare i dati in formato aggregato), che si è infranta contro la decisione dei giudici amministrativi: l’ex Ilva - ha detto il Tar - ha il diritto di esaminare sia i dati che la metodologia a base delle valutazioni, previa la sola «anonimizzazione» che nasconde il nome ma non altri elementi identificativi.
Parliamo infatti di tutti i dati sanitari relativi alla popolazione residente a Taranto, Massafra e Statte, ai dati di mortalità dei pugliesi per le patologie tumorali, ai registri di tutti i ricoveri distinti per tipologia, ai dati di incidenza dei tumori maligni. Il tutto per un periodo di tempo molto ampio che va dal 2012 al 2020 e che (per la mortalità) risale fino al 1980. L’anonimizzazione cancella nome e cognome ma non, ad esempio, l’indirizzo di residenza del malato. E comunque esistono tecniche statistiche efficacissime che consentono di incrociare i dati per de-anonimizzarli.
Era stato lo stesso ministero dell’Ambiente (poi ministero della Transizione ecologica), con una lettera del dicembre 2021, a chiedere all’Arpa di mettere a disposizione i dati «sia a garanzia del principio di trasparenza, sia per poter meglio svolgere le valutazioni di propria competenza». I giudici amministrativi hanno comunque condiviso: di fronte alla necessità dell’ex Ilva di verificare la Valutazione di danno sanitario, che impatta direttamente sulla produzione, non è possibile trincerarsi dietro la privacy.
A febbraio dello scorso anno un articolo scientifico scritto da un ex consulente Ilva, l’ingegnere informatico ed epidemiologo Carlo Zocchetti, ha sostenuto che il metodo utilizzato dall’Arpa nella valutazione di danno sanitario ha sovrastimato di dieci volte gli impatti della produzione di acciaio sulla popolazione jonica. La metodologia proposta da Zocchetti è stata a sua volta criticata da un altro articolo scientifico pubblicato due mesi dopo sulla stessa rivista (e che vede tra gli autori anche l’ex direttore generale dell’Arpa, Giorgio Assennato). Ma con questa cornice il contesto è chiaro, soprattutto dopo che il Tar di Lecce ha sospeso l’ordinanza del 22 maggio con cui il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, aveva imposto all’ex Ilva di fermare l’area a caldo a fronte dei picchi di benzene registrati da alcune centraline. I gestori dello stabilimento puntano a ottenere una revisione della valutazione del danno sanitario, con una strategia a tenaglia: da un lato sostenendo che la valutazione vada effettuata al termine degli interventi di ambientalizzazione, dall’altro provando a demolire le conclusioni cui è giunta la Regione.