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LA MISSIONE CONTINUA
Gaetano Campione
08 Aprile 2019
L'unica cosa certa è che resteranno lì. I bersaglieri del 7° reggimento di stanza Altamura, schierati a difesa dell'ospedale militare italiano di Misurata, non lasciano la Libia. Smentite così le notizie diffuse dai media libici da quelle che vengono definite, dall'Adnkronos, "fonti qualificate" italiane. La struttura si trova a meno di un chilometro dall’aeroporto di Misurata, dalla base dove partono i jet del Gna (il Governo di unità nazionale che fa capo al premier Fayez al Serraj, riconosciuto dall’Onu) per i raid contro le milizie del generale Khalifa Haftar, lì dove c’era l’ex Accademia aeronautica libica. Una zona vicina alle principali strade, ma esterna all’area urbana e quindi più facilmente difendibile e meno esposta ad azioni terroristiche. In caso di necessità l’ospedale - un Role 2, cioè una struttura sanitaria già impiegata in Afghanistan e Iraq, concepita per interventi chirurgici di elevata capacità su ferite di guerra - può essere evacuato in tempi ragionevolmente brevi. In supporto del contingente c’è un aereo da trasporto tattico C-27J della 46° Aerobrigata di Pisa ed è verosimile che si stia valutando l’intervento di una nave italiana tuttoponte (Garibaldi o Cavour) che potrebbe posizionarsi al largo di Misurata: per raggiungere il porto, bisogna attraversare gran parte del centro abitato, aumentando i tempi di percorrenza e, di conseguenza, gli eventuali rischi, anche se i bersaglieri hanno in dotazione veicoli blindati Lince. I tempi per un eventuale disimpegno prevedono 36 ore, sempre a patto che lo scenario non peggiori.
L’evoluzione della situazione è seguita con la massima attenzione da parte dei vertici militari della Difesa italiana. Per adesso è ancora presto per parlare di minaccia diretta nei confronti del nostro contingente, anche perché gli scontri tra le milizie si stanno verificando nei pressi di Tripoli, distante 200 chilometri da Misurata. Preoccupano, invece, l’eventuale lancio di missili Grad utilizzati nel conflitto (hanno una gittata di 20 km ma rappresentano una escalation) e i 5-6 aerei pilotati da egiziani e emiratini al servizio di Haftar. Velivoli utilizzabili anche per colpire l’aeroporto di Misurata vicino l’ospedale italiano.
Mentre i soldati italiani aspettano nel segno dell’incertezza dello scenario, l’Eni ha già evacuato “a scopo precauzionale” i suoi dipendenti, dislocati per lo più in Tripolitania, zona degli scontri, il Comando militare americano in Africa sta riorganizzando la presenza in Libia, lascando Palm City, a una ventina di chilometri da Tripoli, considerata zona calda.
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