Da Gioia gli «angeli» del cielo: «Così abbiamo salvato i due alpinisti bloccati dal gelo»
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il ministro trenta
Gaetano Campione
23 Ottobre 2018
Riduzione di 100 militari in Afghanistan al completamento del processo elettorale afgano, dunque "entro il 31 ottobre", e una prima riduzione di 50 uomini nella missione italiana Praesidum, alla diga di Mosul, in Iraq, per poi lavorare a "una chiusura completa della missione nel primo trimestre del 2019". Il ministro della Difesa Elisabetta Trenta lo ha spiegato nei giorni scorsi. Aggiungendo che: "Tutto va analizzato secondo i nuovi interessi strategici del Paese". Non a caso, allo stesso tempo, il ministro recentemente è riuscito a sbloccare la missione in Niger," una missione per noi fondamentale al fine di controllare i flussi migratori verso l'Italia".
Come inciderà la decisione sui tempi di permanenza della task force dell'82° Reggimento fanteria "Torino", composto quasi esclusivamente da militari pugliesi della Brigata "Pinerolo" incaricati di garantire la cornice di sicurezza necessaria a questa opera strategica per l'Iraq? In questi giorni gli esperti dello Stato maggiore dell'Esercito stanno affrontando i tempi legati alla chiusura della missione. Un inter impegnativo e delicato, anche e soprattutto sotto il profilo logistico, che potrebbe portare ad un allungamento dei tempi di permanenza. Fino a quando, cioè, non si scriverà la parola fine. Secondo la calendarizzazione iniziale il contingente tricolore avrebbe lasciato Mosul entro gennaio 2019. Ora la tabella di marcia potrebbe subire qualche cambiamento. Non avrebbe senso, infatti, pensare ad un avvicendamento tra i reparti, vista la volontà politica di chiudere la missione. Intanto, la commissione elettorale regionale irachena, ha annunciato che il Partito democratico del Kurdistan (KDP) ha ottenuto il maggior numero di voti nelle elezioni del 30 settembre, assicurandosi 45 degli 111 seggi nel parlamento locale. L’Unione patriottica del Kurdistan (PUK) è arrivata seconda, vincendo 21 seggi. Hemin Anwar, membro del Movimento Gorran, arrivato terzo alle elezioni, con 12 seggi, ha però dichiarato che il suo partito non accetta i risultati finali. Sulla stessa linea, anche il resto dei partiti di opposizione della regione curda irachena hanno respinto l’esito delle elezioni parlamentari. “Le elezioni sono state manipolate. Ci sono più di 1.000 denunce, alcune delle quali non sono state finalizzate, ma potrebbero cambiare il risultato delle elezioni, quindi porteremo avanti un appello” ha dichiarato Anwar del Movimento Gorran. In linea generale, dopo le elezioni, tutti partiti di opposizione hanno accusato il KDP e il PUK di varie violazioni elettorali, tra cui la falsificazione di documenti e l’aggiunta illegale di schede elettorali alle urne.
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