BARI - Il settore dell’automotive è pronto a incrociare le braccia. Il prossimo 18 ottobre a Roma, i lavoratori e le lavoratrici delle industrie di auto e della componentistica, aderiranno allo sciopero proclamato da Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm e si fermeranno per otto ore. Ed è presto spiegato. Il settore è al collasso: il crollo del mercato ad agosto e lo stallo delle vendite di mezzi con motore elettrico confermano una situazione molto difficile. In Puglia sono ventiquattromila i lavoratori a rischio posto di lavoro nel settore industriale. «L’automotive – spiega Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil - vive una fase di forti difficoltà con ripercussioni in termini di produzione industriale e di tenuta occupazionale.
Ma non è l’unico settore in crisi. Le istituzioni, senza politiche industriali e in mancanza di una strategia più complessiva non stanno gestendo questa fase di transizione: gli incentivi e i bonus all’acquisto di auto agiscono temporaneamente sulla domanda ma non sono risolutivi nel lungo periodo. Sono invece necessari forti investimenti per produrre modelli mass market, anche per raggiungere l’obiettivo di aumentare i volumi produttivi e per saturare gli stabilimenti: le fabbriche italiane hanno una capacità produttiva già installata di almeno di un milione e mezzo di veicoli. Occorre peraltro potenziare gli enti di ricerca e sviluppo, avviare percorsi di formazione, tutelare e rigenerare l’occupazione favorendo l’ingresso di giovani in enti centrali e produzione, chiedere garanzie per la componentistica.
Non solo: mancano investimenti sulle infrastrutture di supporto alla transizione. Penso alle centraline di ricarica elettrica, ancora poco diffuse nelle nostre città».Gesmundo poi precisa: «La produzione di auto di Stellantis in Italia è crollata nel primo semestre del 2024 a meno ventinove per cento rispetto allo stesso periodo del 2023, e il calo sta interessando anche la realizzazione dei veicoli commerciali leggeri con -0,5 per cento. Questa situazione sta determinando un ulteriore aumento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Naturalmente anche la Puglia sta rischiando tanto. Soprattutto nella filiera della componentistica. Il sistema, quindi rischia di collassare con conseguenze davvero molto preoccupanti».
«Solo nella provincia di Bari – spiega Andrea Toma, segretario regionale della Uil con delega all’industria - ci sono ottomila unità lavorative che potrebbero registrare perdite a causa dell’assenza di una politica industriale chiara, che non va oltre una schizofrenica ricerca di una data per il famoso green deal oltre il 2035, invece di governare, come succede in altri paesi, un processo che ora come ora è lasciato alla deriva delle dinamiche di mercato. Di conseguenza nella nostra regione delle cinquantatré vertenze attive la maggioranza appartiene al settore industriale ed è legata a doppio filo alla transizione energetica e alla decarbonizzazione, con licenziamenti collettivi già avviati che coinvolgono oltre duemila lavoratori».
Per Antonio Caprio - segretario Ugl Bari - è necessario immaginare delle alternative: «Penso alle auto che si alimentano ad idrogeno, a carburanti sintetici o di derivazione naturale, che potrebbero garantire risultati ancora migliori, soprattutto preservando molta di quella componentistica per cui il nostro paese è ancora leader. Io credo che una conversione tanto veloce possa solo essere pericolosa per il futuro delle nostre industrie. Non è un discorso solo pugliese ma che riguarda tutta l’Italia».