POTENZA - Non soltanto crea dipendenza, ma provoca un vero e proprio sconvolgimento nel metabolismo cerebrale. La scoperta di nuovi e devastanti effetti della cocaina si deve al neuroscienziato lucano Pasquale D’Acunzo. Originario di Tursi, in provincia di Matera, D’Acunzo vive a New York dal 2018 e lavora nel laboratorio della Prof.ssa Efrat Levy del Nathan S. Kline Institute. Non è la prima volta che sale agli onori delle cronache per eccezionali scoperte nel campo delle neuroscienze. Nel 2021, infatti, il professore lucano era stato insignito dello “Young Investigator Aweard” dalla International Society for Extracellular Vesicles, per la scoperta di una nuova tipologia di vescicole extracellulari mai definite prima, denominate mitovescicole, che hanno aperto nuovi scenari per la terapia e la diagnosi nel campo delle malattie neurodegenerative come la malattia di Azheimer o del neurosviluppo come la sindrome di Down.
Proprio queste mitovescicole sono ancora una volta protagoniste dell’eccezionale scoperta effettuata da D’Acunzo riguardo agli effetti della cocaina. La ricerca, condotta nei laboratori del Nathan S. Kline Institute di New York, è stata pubblicato il 24 gennaio 2023 sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Journal of extracellular vesicles con il titolo «“Cocaine perturds mitovescecle biology in the brain”».
Dallo studio emerge che la cocaina, psicostimolante che crea dipendenza, ha un ampio meccanismo d’azione, compresa l’induzione di una vasta gamma di alterazioni nel metabolismo cerebrale. Lo scienziato lucano ed il suo gruppo di lavoro ipotizzano che la generazione e la secrezione delle mitovescicole sia influenzata da anomalie dei mitocondri (le strutture cellulari definite anche come le “centraline energetiche” delle cellule) indotte dalla esposizione cronica alla cocaina. Lo studio ha dimostrato anche che c’è una relazione diretta tra l’assunzione di cocaina e la funzionalità delle mitovescicole. In particolare la droga influenzerebbe direttamente la capacità di produrre energia.
Questo significa che le mitovescicole sono «attori precedentemente non identificati nella biologia della dipendenza da cocaina» e che «e che le terapie mirate per mettere a punto la funzionalità delle mitovescicole cerebrali possono essere utili per mitigare gli effetti dell’esposizione cronica alla cocaina». Insomma, dallo studio delle malattie neurodegenerative potrebbe arrivare anche un aiuto per combattere la dipendenza da cocaina.