Sabato 06 Settembre 2025 | 13:56

«Acqua Basilicata sarà il nostro marchio»

 
Luigia Ierace

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Luigia Ierace

Acqua

L’Ass. Merra: «Dobbiamo dettare le regole alle imprese». Approvata nel 2020 Con 14 voti favorevoli di Fi, Lega, Idea, Bp, M5s e Fdi; astenuti Pd, Iv, Pl confronto «È necessario per evitare errori già commessi e intercettare le opportunità»

Venerdì 22 Aprile 2022, 07:00

POTENZA - «Non ero d’accordo sulla modifica dei criteri di corresponsione dei canoni e ho sempre chiesto un confronto nelle sedi opportune con le parti interessate, con le quali ho sempre voluto condividere un percorso di riforme». Ne è convinta l’assessora regionale alle Infrastrutture e Mobilità, Antonella Merra, fermamente contraria alla Legge regionale che impone alle imprese canoni su imbottigliato e emunto. Un unicum in Italia che come ribadito alla Gazzetta, da Ettore Fortuna, di Mineracqua, mette a rischio posti di lavoro e investimenti.

Quali sono le sue perplessità?

«Ho sempre avuto una personale visione della gestione del settore delle acque minerali in Basilicata, tanto che da subito e in più sedi ho espresso le mie perplessità sul percorso legislativo intrapreso sulla materia. La riforma è tale se imposta parametri di sviluppo e fissa per le aziende obiettivi e primalità; un aumento tout court, a fronte di nessuna nuova regola o incentivo alla crescita e allo sviluppo delle stesse, costituisce solo una forma di vessazione per il settore».

Concorda con le società?

«Oggi quell’aumento dei canoni, dopo una fase di prolungata crisi economica e sociale determinata dalla pandemia, va a pesare ancora di più. Per non parlare, delle difficoltà collegate all’approvvigionamento delle materie prime come la plastica o delle criticità energetiche, ancora più evidenti nel problematico contesto internazionale che si è determinato. Si rischia di far saltare un sistema. Paragonando i nostri attuali oneri di emungimento a quelli delle Regioni limitrofe il prodotto acqua lucano rischia di assumere un prezzo finale al consumatore non più competitivo sul già complesso mercato delle acque minerali».

Allora, cosa pensa di fare?

«Innanzitutto mi sono già attivata per incontrare prossimamente i produttori, per ascoltare le loro istanze e proposte e per individuare le migliori soluzioni condivise, al fine di garantire la stabilità e lo sviluppo della filiera».

Una tradizione di marchi centenari lucani ora in mano a grandi player?

«Il marchio è legato al punto di estrazione. L’acqua è lucana. Sulle tavole dei ristoranti di Milano leggono sulle etichette Atella o Viggianello. Il fatto che siano grandi gruppi ad estrarre testimonia equilibri delicatissimi e un know how notevole dietro queste produzioni».

Un miliardo di acque lucane imbottigliate e grandi potenzialità di crescita, ma nessuna cordata di imprenditori lucani interessati?

«Anche in questo caso, ricordiamoci sempre che parliamo di regole del mercato, rispetto alle quali si possono sempre proporre aggiustamenti, ma che non si possono stravolgere del tutto senza un orizzonte realistico di soluzioni: queste, in passato, sono del tutto mancate, mentre ora come governo regionale ci stiamo ponendo il problema».

Le aziende del settore accusano la Regione di non fare una politica industriale a tutela del patrimonio idrico.

«Non è corretto affermare che la Regione non stia favorendo politiche di rilancio e di sviluppo, anzi, ci troviamo a dover fare i conti con situazioni che sono state abbandonate a loro stesse per troppo tempo e che ora richiedono riflessione, confronto e condivisione, per evitare gli errori già commessi e per intercettare le opportunità che si presenteranno. Siamo in una fase in cui prenderemo in considerazione le esigenze e le necessità già manifestate dai vari attori. Fortunatamente, la riconfigurazione della governance ci permette di essere più ricettivi rispetto a tutte le questioni non affrontate nel corso degli anni».

In uno scenario di crisi a chi serve questa legge e come si potrebbe modificare rispettando le esigenze di territorio e aziende?

«Le leggi non servono a qualcuno in particolare, ma a tutta la comunità, che con regole certe può avvantaggiarsi di un quadro ben definito. Sono al vaglio, nel frattempo, alcune soluzioni che porteranno nella direzione di un abbassamento dei costi di produzione. Una proposta valida e immediata era stata presentata quasi un anno fa dal mio collega consigliere Zullino».

Poi c’è il tema della tutela del nome e dell’origine lucana delle acque, non sempre facilmente riconoscibile. Cosa potrebbe chiedere la Regione alle società?

«Intendevo questo per incentivo e primalità: le risorse che si versano in più come quota canoni avrebbero potuto più opportunamente essere investite per la creazione del marchio Acqua Basilicata. Dobbiamo dettare loro regole per fare meglio impresa finalizzata alla promozione e sviluppo del territorio, non per contribuire a versare risorse indistinte nelle casse regionali».

Perché intorno alle acque lucane e alle sue storiche tradizioni non si è cercato di legare un discorso di promozione del territorio (impianti termali, turismo delle acque) accorciando le distanze con aziende, anche multinazionali?

«Fuori dal comparto delle minerali lei mi sta chiedendo di parlare di un mondo: quello dell’acqua lucana nello specifico dei suoi bacini di accumulo, ineguagliabili in tutto il meridione d’Italia sia per la maestosità delle infrastrutture e degli invasi che per la quantità di risorse accumulabili. Oltre che promuoverli dovremmo appropriarcene e gestirli convintamente e non lasciare che siano altri a farlo».

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