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Vulture, campi senz’acqua: un crac da tre milioni di euro

 
Francesco Russo

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Francesco Russo

Vulture, campi senz’acqua: un crac da tre milioni di euro

Per irrigare servono 2mila litri al secondo, nell’area ne arrivano solo 700

Domenica 20 Giugno 2021, 14:01

Potenza - Se le condizioni climatiche non dovessero cambiare un intero settore andrebbe incontro al tracollo. Parliamo del comparto agricolo lucano. Ma soprattutto di quello dell’area Nord della Basilicata, che rischia di rimanere senza una goccia d’acqua e di perdere quanto investito finora. Si parla di milioni di euro, anche se è difficile al momento fare una stima. Quel che è certo - a sentire gli operatori - è che i 700 litri al secondo ottenuti dal settore agricolo per l’irrigazione non sono sufficienti. Gli imprenditori della zona hanno paura. Non sanno come irrigare i loro campi - centinaia e centinaia di ettari soltanto nell’area tra Gaudiano, Lavello e Palazzo San Gervasio - e temono che vadano perse le colture, dal grano agli ortaggi e tra poche settimane anche il pomodoro. In pericolo, in realtà, è pure il settore zootecnico.

Sull’emergenza idrica nel territorio del Vulture-Melfese-Alto Bradano interviene il vicesindaco di Lavello, Mauro Aliano. «A seguito delle numerose segnalazioni pervenute in questi giorni da parte degli operatori del settore - spiega l’esponente della giunta locale - ci troviamo nuovamente a segnalare un problema che ormai si presenta ogni anno, o meglio, ogni qualvolta le temperature cominciano a salire: la carenza d’acqua per l’irrigazione delle colture ortofrutticole. Le attività connesse alla pianificazione e distribuzione delle risorse idriche - continua Aliano - possono essere programmate ogni anno con ampio anticipo, invece ci troviamo a fronteggiare costantemente l’emergenza. Da una parte vi sono gli agricoltori che hanno investito centinaia di migliaia di euro che rischiano di vedere sfumare. Dall’altra c’è l’impossibilità di un intervento tempestivo da parte del Consorzio di bonifica della Basilicata, che lamenta l’assenza di risorse finanziarie e umane».

Ma da cosa deriva questa carenza d’acqua per gli agricoltori, in un anno in cui gli invasi sono riusciti ad accumulare risorse idriche in modo maggiore rispetto al passato? Un operatore di Lavello ci spiega che «il problema dipende dal fatto che la Basilicata fornisce l’acqua per la maggior parte alla vicina Puglia, mentre alla nostra zona arriva ben poco. Per avere la risorsa per irrigare i nostri campi dobbiamo attingere l’acqua che dal fiume Ofanto viene immessa nella diga di Sant’Andrea di Conza. Ma quella che hanno contrattato per noi non basta. L’insufficienza di risorsa idrica diventa ancora più seria in periodo come questo, in cui si registrano temperature da pieno agosto. Il Consorzio di bonifica - continua l’agricoltore - dovrebbe sedersi nuovamente al tavolo con Eipli e contrattare maggiori quantitativi di acqua. Oggi abbiamo a disposizione 700 litri al secondo, ma per andare bene ce ne vorrebbero almeno duemila. Non abbiamo poi una rete idrica intubata. L’acqua scorre nei canali ed impiega fino a tre giorni per arrivare dal fiume Ofanto ai nostri campi. Ad inizio campagna siamo già a secco. Come faremo ad arrivare fino a settembre? Chi è riuscito ad immagazzinare acqua in proprio potrà strappare qualche altro giorno, ma chi non ha avuto questa possibilità ha il tracollo economico dietro l’angolo».

«Questa situazione - dice il direttore regionale di Confagricoltura, Roberto Viscido - ci preoccupa. Se le temperature continueranno ad essere così alte causeranno danni rilevanti all’agricoltura. Milioni di euro di investimenti potrebbero andare in fumo. Al momento è difficile fare una stima, ma se le condizioni climatiche non dovessero cambiare la vedo dura. Se dovessi dare una cifra direi due, tre milioni di euro di danni. Ma è una cifra al ribasso, perché a mio avviso le perdite per il settore, soltanto nell’area Nord lucana, potrebbero essere anche più gravi. Gli operatori hanno investito in grano, pomodori, ortaggi, colture intensive che hanno bisogno di acqua. Il nostro è un grido di allarme. L’agricoltura ha permesso al mondo di vivere e di andare avanti durante la pandemia, ma ora deve essere supportato».

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