Potenza - Raffica di perquisizioni nell’inchiesta sul «caso Nicastro», il blogger morto per Coronavirus lo scorso 2 aprile. I carabinieri del nucleo di Pg presso il tribunale, guidati dal tenente colonnello Domenico Del Prete, hanno notificato ieri gli avvisi di garanzia al direttore sanitario dell’Asl, Luigi D’Angola, al direttore dell’Ufficio Igiene Pubblica Michele De Lisa e al medico della stessa unità Nicola Manno effettuando le perquisizioni di uffici (in via Torraca e via della Tecnica), abitazioni ed auto per disposizione del procuratore Capo di Potenza Francesco Curcio e dell’aggiunto Maurizio Cardea davanti a cui dovranno comparire lunedì prossimo per rendere interrogatorio.
A quanto si apprende, gli accertamenti sono stati disposti per uno dei due filoni di indagine sul decesso del blogger potentino, quello dell’effettuazione degli accertamenti clinici per la diagnosi (in pratica il ritardo nell’effettuazione del tampone e le vicende che ruotarono intorno) mentre in parallelo procederebbe il lavoro sull’altro versante, vale a dire le cure prestate all’uomo che già 9 giorni prima del ricovero (avvenuto il 22 marzo) si era recato al pronto soccorso dell’Ospedale San Carlo ed era stato rimandato a casa. Su questo fronte i Pm, che hanno disposto l’autopsia, attendono le perizie mediche.
Ma è l’effettuazione del tampone, o meglio la non effettuazione, ad aver portato ieri i carabinieri a casa e negli uffici dei medici. Per D’Angola e De Lisa si ipotizza il concorso in rifiuto di atti d’ufficio in relazione al fatto che dopo aver ricevuto, il 13 marzo, la richiesta di tampone da parte del medico di famiglia di Nicastro, negavano l’accertamento fino al 19 e in quella data lo disponevano per il giorno 23 per poi anticiparlo al 20 in seguito alle sollecitazioni arrivate dal direttore generale del Dipartimento Sanità della Regione, Ernesto Esposito. In questo, stando alle ipotesi di indagine, avrebbero violato anche le direttive ministeriali che prevedevano l’effettuazione del test per chi presentava sintomi gravi anche in assenza di un contatto con malati o paesi a rischio. Per D’Angola viene anche ipotizzato un falso ideologico per aver omesso, nella relazione chiesta dalla Regione nell’ambito dell’inchiesta interna disposta dal presidente Vito Bardi dopo il decesso, che il tampone era stato inizialmente previsto per il 23 e per aver invece attestato che non c'erano i requisiti per il test.
Per Manno, invece, viene ipotizzato il rifiuto di atto d’ufficio per non aver telefonato quotidianamente al paziente per effettuato uno screening, come prevedevano le direttive sui casi sospetti.
Agli indagati i carabinieri ieri hanno sequestrato telefonini e materiale informatico oltre a documenti. I Pm ritengono che gli indagati potessero occultare documentazione in ufficio e a casa (ed effettivamente sono stati trovati documenti sul caso) e sono interessati ad esaminare le chat e le mail intercorse nell'immediatezza dei fatti anche a seguito dell’eco che la vicenda ebbe sulla stampa. E il materiale raccolto è tanto....