ROCCANOVA - Nel periodo dell’emergenza sanitaria è cresciuto il consumo di farina ed ora che è quasi finito il lockdown, ecco arrivare l’aumento del costo del pane. La cattiva notizia per i consumatori di quello che, insieme alla pasta, è l’alimento base della dieta mediterranea arriva da Roccanova ma anche da Sant’Arcangelo e Castronuovo di Sant’Andrea dove dal ieri il costo del pane è passato da 1,80 a 2,20 centesimi al Kg con un aumento di 40 centesimi , oltre il 20% per ogni chilogrammo. Ad aumentare sono stati anche focacce, filoni ed altri prodotti da forno. Il tutto è riportato nelle locandine affisse alle vetrine degli esercizi di questi tre paesi dove si contano quasi 9.000 abitanti distribuiti in oltre 3.800 famiglie e ci sono 9 panifici. Per tutti i panificatori la motivazione è la stessa come ci sottolinea anche Antonio Fortunato, titolare dell’omonimo panificio a Roccanova: «si tratta di un ritocco minimo del costo finale dettato soprattutto dall’aumento delle farine arrivato proprio nel periodo della pandemia, al quale si è aggiunto anche un aumento del costo dell’energia elettrica».
Ma c’è malumore tra i consumatori che appena saputo dell’aumento, hanno commentato con interrogativi ed esclamazioni che per molti non hanno giustificazioni soprattutto per l’entità dell’aumento. Mentre la questione si è allargata anche sui social. C’è chi ha scritto «Io penso che aumentare un bene di prima necessità come il pane di circa il 30% è una vergogna…». E altri hanno aggiunto: «ma come, durante la pandemia proprio i panifici sono stati i pochi esercizi a lavorare senza interruzione ed ora aumentano anche?».
«E dire – hanno aggiunto altri – che il bonus delle 600 euro previsto come aiuto dal governo nazionale è stato percepito anche da loro!». «Ma non c’è il controllo?». Si è chiesto qualche altro sottolineando che sarebbe opportuno rivolgersi all’Associazione dei consumatori. Intanto pur se il mercato del pane resta libero e aumenti si sono già registrati in varie parti della Penisola non manca chi sottolinea anche che in questi paesi interni della Basilicata dove il lavoro scarseggia non doveva esserci un aumento anche «per una sorta di solidarietà tra queste popolazioni» che, secondo i dati pubblicati dal Ministero delle Finanze, hanno un reddito imponibile procapite medio relativo al 2018 e dichiarato nel 2019 di 12.868 euro. Molto più basso della media della Basilicata che è di 15.655 e ancora di meno di quella nazionale che è di 20.049 euro.