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Potenza, quando la stalker è la cugina gelosa: fiumi di offese e telefonate

 
Giovanni Rivelli

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Giovanni Rivelli

stalking

Il caso di due donne nelle vesti di vittima e imputata. Con decine di telefonate, lettere e cartoline (anche con disegnini), accusava la parente di condotta morale disinvolta per interesse

Giovedì 27 Giugno 2019, 10:37

POTENZA - La gelosia tra cugine è un classico della famiglia italiana, come pure le lotte tra parenti, ma questa volta si è andati decisamente oltre se, come accadrà, dal prossimo mese di ottobre della questione sarà investito il Tribunale di Potenza con un processo per stalking. E sì, perché la cugina maggiore (entrambe non adolescenti, anzi «di mezza età»), stando alle accuse, avrebbe inondato al cugina minore e la sua famiglia, peraltro dirimpettaie, di decine tra telefonate, lettere e cartoline con offese e accuse esplicite.

Missive esaminate dai consulenti tecnici nominati dalla Pm Valentina Santoro per accertarne la provenienza (in particolare un consulenza grafologica) ma che sarebbe interessante sottoporre ad altre analisi per vedere quanta rivalità, gelosia, forse invidia c’è in quelle righe in cui le accuse di una condotta morale a dir poco riprovevole (dettagliate in modo che dire esplicito è poco) si alternano a descrizioni anatomiche che, se non fossero in questo contesto potrebbero essere ritenute lusinghiere.
Lusinghiere, però non lo erano affatto al punto che la destinataria delle attenzioni e i suoi genitori (tutti rappresentati dall’avv. Francesca Sassano) hanno sporto una serie di denunce, prima contro ignoti e per molestie, poi, dopo che le linee telefoniche avevano portato a una prima identificazione, anche contro la parente arrivando addirittura a dire di temere per il fatto che questa potesse avere a disposizione dei fucili da caccia ereditati dal padre.

Le lettere poi attribuite alla cugina (difesa dall’avv. Luigi Angelucci) effettivamente mostrano un’attenzione maniacale che non rende, anche agli occhi dei profani, ingiustificato lo stato d’ansia delle vittime anche perché, fin da quando erano anonime, o meglio apocrife poiché firmate da un uomo inesistente, contenevano anche indicazioni, in questo caso veritiere, sugli spostamenti della ragazza presa di mira. Particolari che si aggiungevano ad accuse di una condotta disinvolta e relazioni per interesse che, nelle illazioni epistolari corredate da disegni osè, avrebbero coinvolto praticamente un po’ tutti, dai compagni di scuola al mondo della politica, da imprenditori a conoscenti.

Il motivo: tutto nella mente della presunta autrice di lettere e telefonate. Un tema, forse, che nemmeno il processo riuscirà a indagare fino in fondo, dovendosi, invece, concentrar sugli aspetti penali della vicenda. 

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