Latte, sono tanti gli inganni che riguardano questo alimento che vede la Puglia come quarto polo produttivo in Italia e primo nel Mezzogiorno. Ma proprio in questi aggiorni è arrivato il tanto atteso via libera all’indicazione di origine obbligatoria per il latte e i prodotti lattiero-caseari. Ci si attende che, nei prossimi mesi, ci sia finalmente chiarezza in questo settore. Allo stato attuale, per esempio tre cartoni di latte a lunga conservazione su quattro venduti in Italia sono stranieri. Lo stesso avviene con la metà delle mozzarelle: sono fatte con latte o addirittura cagliate provenienti dall’estero, senza che questo sia stato fino ad ora riportato in etichetta.
A partire dal 19 gennaio, data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto sulla «Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari» firmato dai ministri delle Politiche Agricole Maurizio Martina e dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, scatta ora il conto alla rovescia per la sua effettiva attuazione. Il provvedimento entrerà in vigore pienamente dopo 90 giorni anche se sarà possibile, per 180 giorni, smaltire le scorte delle confezioni con il sistema di etichettatura precedente.
L’obbligo di indicare l’origine in etichetta salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali.
Il provvedimento è scaturito dalla guerra del latte contro le speculazioni insostenibili sui prezzi alla stalla e sta portando ad un sostanziale aumento dei compensi riconosciuti agli allevatori senza oneri per i consumatori.
Ora, finalmente, 1,7 milioni di vacche da latte presenti in Italia, ma anche pecore e capre, potranno mettere la firma sulla propria produzione di latte, burro, formaggi e yogurt.
L’obbligo di indicare l’origine in etichetta - conclude la Coldiretti - salva dall’omologazione l’identità di ben 487 diversi tipi di formaggi tradizionali censiti a livello regionale territoriale e tutelati perché realizzati secondo regole tramandate da generazioni che permettono anche di sostenere la straordinaria biodiversità delle razza bovine allevate a livello nazionale.
Un vero e proprio tesoro di tipicità che, in Puglia e Basilicata, si è ancora conservato pressochè intatto.