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Pieni di sé nel vuoto della Politica

 
Franco Giuliano

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Franco Giuliano

Martedì 21 Giugno 2016, 09:49

di TONIO TONDO

Pezzi del vecchio mondo, modello Prima Repubblica dal profilo sociale e assistenziale, uniti e integrati con movimenti di rigetto del «sistema» non meglio specificati e dai volti cangianti. Una sorta di «rivoluzione» dei gruppi sociali.

Una sorta di <rivoluzione> dei gruppi sociali che si sentono esclusi e tentano la scalata al potere, con alle spalle, a volte, vecchi marpioni della politica. Non una rivoluzione unica, con una definizione ideologica, ma tante piccole rivoluzioni, per ogni realtà locale, contro un nemico.

A Brindisi, il nemico dichiarato, Michele Emiliano, ritenuto il responsabile della caduta da sindaco di Mimmo Consales. Ogni rivoluzione, meglio ogni rivolta, ha bisogno di un nemico da colpire e abbattere. A Roma o Torino, Matteo Renzi. A Brindisi il presidente della regione che ha voluto la rottamazione del vecchio partito democratico e ha proposto come candidato Nando Marino, un imprenditore, sbarrando la strada agli uomini di Consales. Violenta la reazione del gruppo dell’ex sindaco. Una sorta di vendetta consumata con il voto.

Angela Carluccio, 40 anni, madre di tre figli, avvocato, è riuscita a ribaltare il risultato del primo turno convincendo 1300 elettori di Marino a cambiare candidato sindaco in corsa. Ha vinto con 14.798 voti, 656 in più dell’avversario. Carluccio è considerata in città una donna tranquilla, con un buon profilo professionale. Figlia di Bruno Carluccio, ex sindaco degli anni Ottanta, con vicende giudiziarie poi risolte. Nulla da dire, su questo.

Ma in politica contano le dinamiche, le relazioni sociali, insieme ai comportamenti e alle parole. I sostegni elettorali costituiscono altrettante obbligazioni. Ogni forza ha il suo contratto di ingaggio. Le dinamiche di Brindisi sono tutte da raccontare e da seguire nei loro movimenti futuri. Al ballottaggio si sono fronteggiate due minoranze. Solo il 42 per cento si è presentato all’urna. A casa sono rimasti gli elettori di Rossi, sinistra radicale, e buona parte dei grillini. Nella coalizione di Carluccio il nucleo più forte si è raccolto con la lista Impegno sociale, capolista Carmelo Palazzo, 82 anni. Cinque eletti, col premio di maggioranza. Primo con circa 900 voti, Lino Luperti, ex assessore all’urbanistica con Consales. Luperti ha ricevuto un avviso di garanzia prima delle elezioni per storie di urbanistica. A seguire Giampaolo D’Onofrio e Antonio Manfreda, medici che rappresentano l’associazione dei mutilati e degli invalidi (Anmic), presieduta da Palazzo. Un altro consigliere uscente, Luciano Loiacono, fedelissimo di Consales, è stato eletto in un’altra lista.

I quartieri dove si è verificato il ribaltamento dei voti sono quelli popolari, il Sant’Elia in testa, poi il Perrino e il Paradiso. Qui il partito democratico si è praticamente liquefatto. Il povero Marino neanche se ne è accorto, sprovvisto com’è di ogni esperienza elettorale. Anche il papà del nuovo sindaco, Bruno, si è dato molto da fare. Vecchie amicizie, rapporti costruiti negli anni sia nell’attività professionale, tra area industriale e autorità portuale, sia nell’impegni politico prima nella Dc e poi nell’Udc. Tutto un vecchio mondo è stato rivitalizzato pur di aiutare la figlia. Due giorni prima del voto, una sorpresa. Michele Errico, notaio, molto vicino a Emiliano, fa il gran salto. Voto Carluccio. Plateale dispetto.

A Nardò, il comune più popoloso della provincia dopo Lecce, è successo di tutto. Giuseppe Mellone, un passato di destra radicale con Azione giovani, un presente di rivoluzione sociale in salsa neritina, in nome della rivolta contro il sistema, è riuscito a mandare a casa Marcello Risi, sindaco uscente, un uomo della sinistra di governo, un borghese dalle buone maniere. Un piccolo Pisapia, tanto per intenderci. Mellone ha vinto per una novantina di voti. Risi non se l’aspettava. In queste elezioni ha soffiato forte il vento della ribellione, ovunque. Le buone maniere sono intese come i simboli del vecchio modo di fare, delle mediazioni tra i soliti noti. Così Risi, sindaco da alcuni anni, è diventato il simbolo di un sistema di potere: il vecchio da abbattere. Applausi a Mellone, e via.

Con otto liste civiche, tra “L’altra Nardò”, “Andare Oltre”, Forza Italia diventata Forza Nardò, e poi i piccoli stratagemmi disinvolti di mettere insieme soggetti di sinistra radicale e di destra sociale, modello fascio-comunismo. Il tutto accompagnato dall’urlo <pulizia, pulizia, pulizia> accattivante per il grillismo locale, e da un programma improbabile, dal taglio delle tasse del 30 per cento a un depuratore solo per i neritini. Mellone, però, è anche abile. La terza coalizione, quella dei Cor di Fitto, si è spaccata. Frasca ex consigliere provinciale con Risi; Antonio Vaglio, candidato sindaco fuori dal ballottaggio, con il vincitore. Di destra estrema sì, ma manovriero.

A Gallipoli, il pd si può consolare. Ha vinto, per poco, solo 280 voti di differenza, Stefano Minerva, 30 anni, contro un avversario temibile, Flavio Fasano, scuola vecchio Pci, già amico di Massimo D’Alema che a Gallipoli aveva organizzato il suo quartiere generale in avvio della Seconda Repubblica negli anni Novanta. Fasano aveva fatto il sindaco per due mandati. Poi le gestioni deludenti degli ultimi anni. Di qui il tentativo del ritorno in grande stile. Minerba, secondo al primo turno, ha recuperato mille voti, Fasano solo 500. Forte la coalizione anti-Fasano, dalla Gallipoli moderata e borghese alla città della ristorazione e dei servizi ai turisti. Fasano, un misto di abnegazione e di energia da far valere in ambienti anche di frontiera, ha avuto i voti di Barba, ex senatore di Forza Italia. Minerva quelli di Quintana, esponente di una famiglia di importanti ristoratori e attaccato con violenza da Fasano.

Ma tutto questo ribollire di spiriti e di scontri si consuma nel vuoto della politica. Mai una finezza, una lezione di stile emancipato, una proposta ragionata e da discutere. Di tensione ideale, pur indispensabile per le imprese di valore, inutile parlare. Solo risse, verbali e qualche volta non solo verbali, dispetti, vendette incrociate, calcoli ad escludere, microalleanze, e tanta retorica di basso livello. Non sarà facile ricostruire un serio tessuto della politica, al Nord e al Sud. Nel vuoto biografico sono comparsi anche volti molto strani, non proprio riconducibili a profili di impegno civile. Famiglie che si dividono e si riaggregano su interessi improvvisati. Forse il modello del partito personale è al capolinea. Ma realizzarne altri, su contenuti culturali condivisi, e con una classe dirigente affidabile e democratica, non sarà semplice. Eppure, da qualche parte si dovrà pure cominciare.

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