Cinquant’anni dopo, la Concattedrale di Taranto «rinasce». Lunedì 7, alle ore 18.30, monsignor Filippo Santoro presiederà la celebrazione eucaristica dell’anniversario di mezzo secolo della chiesa «Gran Madre di Dio» progettata da Gio Ponti. La presenza del metropolita è di sostanza istituzionale visto che, nel giugno 2019, l’Arcidiocesi firmò un accordo per celebrare il «50°» di Gio Ponti e la sua Concattedrale assieme a Soprintendenza e Politecnico di Bari. Quest’ultimo istituto porta in dote la ragione decisiva atta a rendere omaggio a Ponti con una serie di eventi dalla «sua» Taranto. La spinta, come riconosce Mons. Santoro, è venuta dalla tesi di laurea «La Concattedrale. Ponti a Taranto: rivelare la forma, conservare la materia», redatta dagli studenti Marco Aprea, Luca Lentini, Sacha Raffa, Cataldo D’Introno e Teresa Cipulli.
Come evidenzia una nota dell’Arcidiocesi, quel protocollo d’intesa «ha portato a un progetto scientifico caratterizzato da diverse tappe: la pubblicazione, avvenuta nello scorso ottobre, del libro curato dal prof. Vittorio De Marco Gio Ponti e la Concattedrale di Taranto. Lettere al committente Guglielmo Motolese (1964-1979) di Silvana Editoriale, l’allestimento della mostra Gio Ponti e la Concattedrale-Taranto 1970-2020, presso il Museo Diocesano sponsorizzata e patrocinata dal Ministero della Cultura e un Convegno Internazionale patrocinato dalla Cei». Questi ultimi due eventi, si terranno «non appena le disposizioni governative anti-Covid lo permetteranno». Nell’attesa, ieri, l’arcivescovo Santoro e la soprintendente Maria Piccarreta hanno simbolicamente visitato l’esposizione, accompagnati dai curatori Fernando Errico, Gabriele Rossi e Francesco Simone, lasciando un messaggio sul registro delle visite, «auspicando - scrive Piccarreta - che la mostra sia presto fruibile a tutti». A seguito dell’accordo, anche il Comune ha firmato una intesa con l’Arcidiocesi che ha portato al ripristino dell’illuminazione esterna della Concattedrale e delle vasche antistanti la chiesa.
L’inaugurazione avverrà il 7 dicembre alle 18. Inoltre, il Comune ha annunciato che sarà concessa la cittadinanza onoraria post mortem a Gio Ponti, esaudendo così uno stesso desiderio del grande architetto. «Tutte le istituzioni che hanno progettato e curato questi eventi celebrativi auspicano che tutto possa concorrere a saper apprezzare e valorizzare un bene architettonico del ‘900 di grande rilievo artistico» sottolinea l’Arcidiocesi, che approfondisce la figura di Ponti in una riflessione di Mons. Santoro. «Sono trascorsi 50 anni da quando è stato consegnato alla città un monumento dell’architettura e dell’arte sacra del ‘900. Il 6 dicembre 1970 - scrive il patriarca - venivano aperte le porte della chiesa. Fu infatti in quel giorno che venne inaugurata la Cattedrale, alla presenza di tutte le autorità civili e militari e con un grande concerto del Coro della Cappella Sistina di Roma. Il giorno successivo, l’arcivescovo Motolese, committente dell’opera, celebrò la Liturgia di consacrazione della chiesa e l’8 dicembre, nella solennità dell’Immacolata Concezione, si celebrò la prima messa con la presenza dei sacerdoti della diocesi».
L’arcivescovo invita a rileggere il discorso inaugurale di Motolese per comprendere lo spirito che guidò Ponti nella progettazione della chiesa: «… la cattedrale è la casa di tutti. È il Tempio dove risuonerà la Parola di Dio, la stessa di ieri, oggi e sempre, e dove tutti sono ugualmente liberi di entrare sia per partecipare alla Mensa del Signore, sia per collaborare con i Sacerdoti e con gli altri fratelli alla costruzione del regno di Dio. […] Di conseguenza, Gio Ponti ha concepito la nuova Cattedrale non come una fortezza, ma come un vascello, echeggiante la biblica arca, la cui vela è una architettonica preghiera che si alza verso il Cielo. […] L’architettura che ha ispirato la nuova Cattedrale di Taranto obbedisce ad un impulso verticale, spinge cioè i nostri occhi verso il Padre che è nei cieli».
Santoro guarda all’emblema sorprendente di Ponti: «la simbolica vela della facciata che si riflette nell’acqua delle tre vasche collocate nel piazzale antistante, le quali rappresentano il mare. La vela sostituisce la tradizionale cupola ed è costituita da un doppio muro traforato che dietro ha solo il vuoto e le cui aperture o finestre sono state realizzate, come spiegava lo stesso Ponti, “perché gli angeli vi potessero sostare”. Anche all’interno della chiesa ci sono forti richiami simbolici, come le due colonne ai lati del presbiterio che reggono due àncore, chiara allusione alla fede e alla tradizione marinara di Taranto. L’altare maggiore è di pietra bianca, in richiamo a Cristo pietra angolare. Il pavimento è verde e la scelta di questo colore è dettata dalla volontà di evocare i fondali marini e il verde della macchia mediterranea, ma anche il significato liturgico del verde come portatore di speranza. Dietro l’altare, dipinti dallo stesso artista, l’Angelo dell’Annunciazione e la Madonna. Alla sinistra di chi entra è stata ricavata una cappella dedicata ai caduti della Marina Militare, di cui Taranto è importante base. L’architetto diceva di aver studiato il tempio in modo che il grande sole di Puglia trionfasse all’interno».
Tali valori simbolici, evidenziati da Santoro, «confermano visivamente quanto spiegava mons. Motolese nelle parole sopra citate: la Concattedrale ancora oggi come 50 anni fa, è segno della presenza di Dio tra gli uomini, un padre che accompagna i suoi figli nella loro navigazione tra le vicende della storia. A noi - sottolinea l’Arcivescovo - è dato di saper cogliere questo segno, questa presenza! A noi che abbiamo ereditato questo patrimonio di arte e di fede è data la responsabilità di doverlo e saperlo custodire e valorizzare, anche per mantenere fede al senso spirituale di Ponti», il quale descrive così la Concattedrale: «E se veniamo a parlare di quest’opera, potremo dire che è stata un lungo intimo pensiero sempre più dominante, quasi autonomo, da obbedire, o esaudire. E perché no? è stata una lunga preghiera e se questa preghiera è trasferita nei suoi muri, allora sarà la preghiera nella voce silente dell’architettura e sarà una preghiera di tutti: continuerà, e la cattedrale esaudirà il voto che essa è chiamata ad assolvere e sarà la preghiera di una città».
IL TESTAMENTO DELL'ARCHITETTO NELLA FACCIATA RIVOLTA AL CIELO E LUNGO LA VELA 'IMMERSIVA' - Quella vela che si specchia nell’acqua simbolo dello Jonio, che emerge dall’imponente navata issata al cielo, retabolo popolato da figure angeliche, rammenta il visionario progetto che Gio Ponti realizzò per la cattedrale di Los Angeles nel 1968. Due anni dopo, a Taranto, si ergeva la «Gran Madre di Dio». E quella facciata traforata che costituisce il motivo principale anche dell’Art Museum a Denver, viene considerato il testamento della profezia architettonica leggera di Ponti che, adesso, Taranto si appresta a celebrare con una mostra ed un convegno internazionale. Gli eventi, nel contesto del mezzo secolo di vita della Concattedrale, saranno fruibili non appena le norme anti-Covid lo consentiranno.
Rispetto alle mostre di successo da parte del MAD di Parigi e del Maxxii di Roma, che tra il 2019 e il 2020 hanno celebrato l’architettura di Ponti a 50 anni dalla scomparsa, l’esposizione che si terrà al Museo Diocesano di Taranto, dopo due anni di ricerca e allestimento conclusosi l’altroieri, costituisce un focus tecnico sulla Concattedrale, andando a toccare anche l’aspetto umano dietro l’opera, che rifulge in quella corrispondenza tra il committente monsignor Guglielmo Motolese e l’ideatore Gio Ponti, avvenuta tra il 1964 al 1979.
Quando nel 1962 Motolese diventa Arcivescovo di Taranto, si ritrova in una città in crescita demografica ed economica. Il suo desiderio è affiancare alla Basilica di San Cataldo una casa-ponte tra antico e vecchio borgo, in cui si potesse respirare un’«atmosfera intima, pulita, nitida, con i muri bianchi ed i bei pavimenti di ceramica verde: una casa anche luminosa, come uno sguardo puro». Ponti, il padre dell’architettura moderna italiana, risponde al prelato condividendone «il sogno» (sue parole) di realizzare un’opera rivoluzionaria, così come solcata su carta, prima di diventare realtà visibile imperitura: «Ho pensato: due facciate. Una, la minore, salendo la scalinata, con le porte per accedere alla chiesa. L’altra, la maggiore, accessibile solo allo sguardo e al vento: una facciata per l’aria, con ottanta finestre aperte sull’immenso, che è la dimensione del mistero… ».
Nel reperimento dei documenti a firma di Motolese e Ponti, ai fini della mostra, vitale è stato il contributo del Centro studi e archivio della comunicazione di Parma, che detiene 1600 disegni originali del Fondo Ponti. Il Csac è tra le istituzioni in calce all’intesa della mostra, guidata da Arcidiocesi di Taranto (ha in archivio 400 documenti sull’opera «pontiana»), Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio di Brindisi, Taranto e Lecce e Dipartimento di Ingegneria e Architettura del Politecnico di Bari, che ha digitalizzato i reperti in seno all’Arcidiocesi attraverso la ricerca di cinque studenti laureandi che hanno dato la spinta alle celebrazioni tarantine.
«Gio Ponti e la Concattedrale di Taranto 1970-2020» è il titolo della mostra che sarà ospitata al MuDi, il cui direttore don Francesco Simone parla di «un evento dal valore internazionale, che celebra il prezioso legame tra Ponti e la nostra città». Da definire, invece, il programma del Convegno internazionale, che indagherà il patrimonio archivistico, architettonico e artistico della Concattedrale.