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«L’alto sacrificio dei giovani in Iran contro i padri e al fianco delle donne»

 
Dorella Cianci

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Dorella Cianci

«L’alto sacrificio dei giovani in Iran contro i padri e al fianco delle donne»

Haleh Esfandiari: Teheran manipola il nome di Dio contro libertà e diritti

Lunedì 12 Dicembre 2022, 13:00

Haleh Esfandiari è stata la direttrice del Middle East Program presso il Woodrow Wilson Center. Ha insegnato alla Princeton University, lasciando l’Iran nel 1978, alla vigilia della nota rivoluzione islamica. Diversi anni dopo, è tornata lì per indagare l’impatto della rivoluzione di allora sulla vita delle donne iraniane. Il suo famosissimo libro Reconstructed Lives: Women and Iran’s Islamic Revolution, letto in tutto il mondo, si concentra su interviste con donne professioniste, le cui carriere sono state ridefinite sotto la Repubblica islamica. È stata detenuta in Iran nel 2007 per otto mesi, trascorrendo più di tre mesi in isolamento, nella prigione di Evin, a Teheran. Giornali e persone in tutto il mondo hanno protestato contro la sua prigionia. Oggi è lei stessa a riflettere nuovamente, con amarezza, sulla condizione della donna alla luce delle attuali proteste, represse con la violenza. Le sue risposte, come sempre, scelgono una chiave storica, cercando di far luce su uno degli eventi che sta sconvolgendo l’opinione pubblica mondiale alle soglie del nuovo anno.

«L’Iran e le donne» è un capitolo di storia decisamente complessa e sfaccettata. Le donne in Iran iniziarono a ribellarsi per maggiori diritti alla fine del XIX secolo. I loro sforzi furono favoriti dalla maggiore libertà sotto il primo Shah dell’Iran e successivamente da suo figlio. Ma poi…

«Ma poi… L’avvento dell’Ayatollah Khomeini e la sua rivoluzione conservatrice, nel 1979, un anno dopo il mio allontanamento dal Paese, hanno causato una drastica inversione di tendenza nel progresso delle coraggiose donne. Eppure la loro dedizione alla piena uguaglianza è rimasta alta: credo che questo, oggi, sia chiaro a tutto il mondo. La Rivoluzione del ‘79 è nata dal crescente desiderio di libertà religiosa, ma molti si sono sentiti traditi, già in quel momento, dalla contemporanea istituzione della sharia. Le donne sono state ancora una volta trattate come cittadine di seconda classe, come mera proprietà degli uomini, e soggette a condizioni molto dure, a seguito dell’eventuale violazione di queste leggi, compresa la lapidazione pubblica».

È importante notare che non tutti i Paesi “dominati” da una popolazione musulmana osservano un’interpretazione così rigorosa della Sharia – questo va detto con chiarezza per evitare polemiche.

«È anche importante notare che molte delle leggi istituite nei paesi che osservano la Sharia non vengono dal Corano e l’interpretazione della legge coranica varia non solo tra i diversi Paesi, ma anche in base alle etnie all’interno dello stesso Paese. Oggi l’Iran, manipolando il nome di Dio (davvero in maniera vana), sta commettendo crimini atroci, sta esasperando i giovani e in particolare le giovani donne, le quali vengono viste come l’incarnazione di un progetto volto alla sottomissione».

Sotto Khomeini, la nuova teocrazia iraniana ha dato priorità alla tradizione islamica rispetto ai costumi moderni. Uno dei primi atti del governo rivoluzionario è stato quello di sospendere la legge sulla protezione della famiglia e smantellare i tribunali della famiglia. Gli uomini erano ancora una volta liberi di divorziare dalle loro mogli con una semplice dichiarazione; hanno anche ottenuto l’affidamento esclusivo dei loro figli. Le donne non potevano più chiedere il divorzio. Anche le restrizioni alla poligamia sono state rimosse.

«Nell’81, il parlamento ha approvato la cosiddetta “legge della punizione”, introducendo la fustigazione e la lapidazione per la violazione dei codici di abbigliamento islamici o anche per costumi sessuali più liberi.

Nel luglio 2014, il capo della polizia di Teheran ha vietato alle donne di lavorare come cameriere nei caffè, sebbene abbia permesso loro di continuare a lavorare nelle cucine dei ristoranti. La segregazione di genere è stata (ed è) una caratteristica tremenda della società iraniana. Uomini e donne sono spesso tenuti separati in luoghi pubblici come le scuole. Potrei sintetizzare così: in Iran le giovani donne non possono davvero innamorarsi, non possono sognare la vita che meritano, non possono essere curiose e non possono davvero decidere una vita da single o senza una maternità. Questo solo per citare i principali divieti, ma ovviamente dietro queste parole c’è una condizione di repressione violenta a livelli poco immaginabili».

L’ISPI ha ricordato che le nuove proteste del 2022 sono inizialmente esplose a Saqqez, nel Kurdistan iraniano, città di origine di Mahsa Amini e luogo in cui si sono svolti i funerali della ragazza. In concomitanza, gruppi di studenti sono scesi in strada anche nei pressi delle università di Teheran.

«Sono davvero tanti i giovani che in Iran hanno compreso di dover reagire ai loro padri, affiancando le donne in piazza. Il loro sacrificio, anche con la vita stessa, è un atto di grande amore per quella terra, che merita di essere salvata dall’odio, dalla misoginia, dall’integralismo. L’Università di Shiraz, nel 2019-2020, ha tentato di portare in aula le idee del pedagogista Paulo Freire. Queste lezioni si sono svolte quasi in segreto, ma di certo hanno lasciato un segno negli oppressi e nelle oppresse».

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