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«Imparate a leggere, comprate il giornale come accadeva una volta»

 
Michele Mirabella

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Michele Mirabella

Quando c'è la salute, c'è Michele Mirabella

Oggi i lettori sono soli e all’unico figlio regalano il telefonino quando è ancora bambino

Domenica 03 Dicembre 2023, 15:03

I bighelloni «spatriati» che, negli anni ‘60, andavano a «stare» davanti alle porte luminose del mitico Saicaf, all’angolo tra via Cavour e via Dante, quel Caffè dove si serviva la migliore miscela di Bari, quindi del mondo, ricordano ancora o, almeno, lo spero, un pugno di figure pittoresche dell’album delle memorie.

Uno era un venditore di bandierine di carta colorata che si avvicinava ai capannelli degli stazionanti impegnati in animate conversazioni o polemiche discussioni e chiacchiere da Bar, appunto, e, facendosi spazio con discrezione prudente, offriva la merce di carta velina colorata, chiedendo: “Quandi figli avete?”. Era un suo modo per fare un preventivo di vendita. Non ottenendo risposta, continuava a stazionare nell’arruffo della conversazione spianando le sue bandierine e squadrando gli interlocutori con curiosità interessata. Qualche volta sentenziava “Cudtenrascion!” a questo punto lo si allontanava con decisione chiudendo il crocchio e ricominciando la discussione. Qualche volta ho comprato la bandierina.

Un altro personaggio notevole era un azzimato ex giovane, ma non ancora vecchio di cui di magnificavano le doti sportive di allenatore di nuoto. Nessuno, però lo aveva mai visto alle prese con piscine e trampolini, salvo che non si trattasse di un bello stabilimento balneare dove si trasferiva quel vitellonismo di cui narro e di cui faceva parte il nostro bighellone. La sua saggezza blasé era dispensata con parsimonia come nel caso di cui narro: un partecipe di quegli stazionamenti approssimativamente mondani, nell’agitazione di una discussione invase le strisce pedonali e un’automobile lo sfiorò. Il nostro si prodigò in insulti colorati e mentre controllava l’eventuale danno ai pantaloni, fu raggiunto dal nostro allenatore di nuoto, azzimato nel suo elegante pastrano che bisbigliò insistentemente al malcapitato investito: “buttati a terra, cretino, così quello ti paga, noi testimoniamo e tu finisci sul giornale”. Mi rimase impressa la conclusione: “finire sul giornale!”

Il giornale non poteva mancare agli astanti: si compravano più testate per imbastire una discussione a molte voci e con diversi approcci giornalistici. Del resto, era facile approvvigionarsi. A pochi metri dal Caffè c’era un giornalaio (l’edicola c’è ancora) che invitava a comprare i giornali con la vecchia tecnica dello strillonaggio. Proclamava, cioè, i titoli delle notizie importanti, calibrando la voce come un consumato attore, a seconda del rilievo che constatava sulle prime pagine e che, a suo infallibile giudizio fossero notizie imperdibili.

Questa mansione, di cui si sono perse le tracce, aveva la sua preziosa funzione di attirare i più renitenti alla modesta spesa: i giornali, allora, costavano relativamente poco, ma la riottosità alla lettura era, forse, più coriacea. Questo rituale si accentuava soprattutto di pomeriggio tardi per esitare sulla bancarella le copie dei giornali della sera che alimentavano un ribadire vespertino delle notizie con particolare cura per l’attualità. Il valoroso edicolante aveva un’abitudine che ricordo ancora con simpatia: dopo aver proclamato le notizie, con un calare impercettibile della voce e un tono severo, anche se pacato, raccomandava “Mbaràtv a lésc, accattàtv u’ giornal!”. “Imparate a leggere, comprate il giornale”. Trovavo l’invito non paradossale, pur se leggermente paternalistico e mi figuravo che l’edicolante avesse buone ragioni per la sconsolata raccomandazione. Questa, provenendo da fonte non accademica o paludata, risuonava ancora più imbarazzante per le orecchie dei bighelloni e, molti, assecondavano lo strillonaggio con l’acquisto della copia ancora fresca d’inchiostratura, non foss’altro che per scegliere il film per chiudere la serata, posto che non si decidesse per la pizza o una capatina ribalda all’osteria “Le travi”.

Davanti al Caffè Saicaf il venditore di bandierine non si incontra più: diciamo che la sua merce, è solo un patetico ricordo. E, quanto alla sua indagine sul numero dei figli, se ancora sbandierasse la sua merce, venderebbe ben poco. Del consigliere snob il personaggio di quel palcoscenico stradale, non ho notizia. L’edicola di Corso Cavour, per fortuna, è sopravvissuta all’itinerario implacabile dell’estinzione. Molte altre hanno chiuso, interi quartieri ne sono privi. È un danno grave, il segno di un deperimento della cultura impegnata e profonda. L giornalaio è un agente culturale.

L’esosa regola terribile dell’interesse dimentica che gli anziani poco abili, o del tutto disabili, non sono in grado di praticare quella solitaria e trista consultazione delle notizie sullo schermo minuscolo di un telefonino. La fine della socialità non egoistica che spingeva il titolare del bar a spianare il giornale sulla gelatiera, ad uso degli avventori, è attualità triste e trista: quella spontanea comunità che si formava nel Bar o nei pressi di una edicola imparava a leggere. Oggi i lettori sono soli e all’unico figlio regalano il telefonino quando è ancora bambino e delle bandierine non sa che farsi. E il lettore, di questo passo, non saprà più leggere.

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