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«Io, custode degli ulivi resistenti», la lotta della ricercatrice Saponari tra i campi sperimentali del Salento

 
Tonio Tondo

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Tonio Tondo

«Io, custode degli ulivi resistenti», la lotta della ricercatrice Saponari tra i campi sperimentali del Salento

Era il 2013 quando il gruppo guidato dal prof. Boscia individuò l’arrivo del batterio dalle piante del Sudamerica. Poi le nuove cultivar. Il futuro: leccino e favolosa

Domenica 15 Ottobre 2023, 14:16

LECCE - «Se non conosciamo chi combattere come facciamo a contrastarlo?». Maria Saponari, agronoma, ricercatore dell'Istituto di virologia del Cnr di Bari, lo ripeteva spesso ai suoi collaboratori e agli agricoltori preoccupati a causa del disseccamento degli olivi. Da settimane su e giù tra Bari e il Salento sud-occidentale, in particolare con le contrade Li Sauli e La Castellana nel Gallipolino nel quadrante tra la statale 101 e le strade provinciali per Matino e per Alezio. «Osservazione sistematica di sezioni di rami, branchette, branche e fusti di olivi interessati dai disseccamenti...che ha rivelato la presenza di estesi imbrunimenti del sistema vascolare», l'annotazione. E dai campi del prelievo la corsa nel laboratorio di Via Amendola a Bari, ospitato nell'area di Scienze agrarie dell'università Aldo Moro. L'imperativo: «Occorre studiare il batterio nel suo contesto». Così, le indagini diagnostiche con metodi molecolari e sierologici «sembrano concordemente indicare che gli olivi con sintomi di disseccamento ospitano un ceppo del batterio tracheifilo Xylella fastidiosa» poi indicata nella tassonomia sottospecie «pauca» salentina.

Era il 15 ottobre 2013 quando i risultati della ricerca furono trasmessi con una nota del Consiglio nazionale delle ricerche e dell'Università Aldo Moro al dirigente responsabile del servizio fitosanitario della Regione Puglia, Antonio Guario. Una nota firmata da Vito Nicola Savino, Donato Boscia, Franco Nigro, Maria Saponari e Giovanni Martelli, morto nel 2020, il fitopatologo che ebbe l'intuizione della presenza di Xylella. Dieci anni fa, come oggi, fu formalizzata la presenza del batterio che aveva devastato, con un'altra sottospecie, i vigneti della California, e attaccato agrumi, mandorli e tante altre specie. Un batterio arrivato in California e anche nel Salento con le piante di caffé e altro dalla Costa Rica e dal Sud America. Dal 2013 è iniziata una corsa contro il tempo, alla ricerca di risultati utilizzabili dai produttori nella lotta al batterio oppure di cultivar alternative.

La conoscenza è sfida e missione della scienza. Questa procede per intuizioni e verifiche sperimentali, e relative confutazioni. Un procedimento che Maria Saponari interpreta e mette in campo con impegno, costanza e tenacia. Non solo i colleghi, anche gli agricoltori che premono la stimano. La incontriamo nel laboratorio diretto da Donato Boscia, nella stanza dove lavora con altri colleghi. In tutto una quarantina di ricercatori, una parte impegnato nelle ricerche su Xylella e per il miglioramento genetico.

Le due cultivar resistenti, Leccino e Favolosa, sono state individuate e verificate con analisi dei relativi Dna nel 2017-2018, sempre a Bari. Il gruppo di Bari è impegnato in un progetto europeo in partnership con i ricercatori spagnoli. Il gruppo Boscia-Saponari è considerato leader europeo e internazionale nella ricerca sul batterio flagellatore e sulla nuova frontiera del miglioramento genetico nella olivicoltua. Una vera e propria scuola che si affianca alla scuola americana sulla coltura della vite. Con una novità fondamentale. Mentre gli americani sono più liberi nella sperimentazione dell'editing genetico, italiani ed europei sono ancora bloccati, e però studiando il contesto ambientale e climatico, con un approccio interdisciplinare, hanno individuato le dinamiche che possono frenare, limitare, condizionare l'espansione del batterio.

L'innovazione italiana è la sperimentazione in diversi campi destinati al miglioramento genetico. Gli agronomi, non solo, sono affascinati dalla lezione di Gregor Mendel (1822-1884), abate agostiniano ceco, precursore della genetica, per le sue osservazioni sui caratteri ereditari. Nell'orto del convento, Mendel effettuò sulle piante di pisello i suoi esperimenti di impollinazione, anzi di auto-impollinazione.

Il primo campo sperimentale di miglioramento genetico, dell'Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) è nato a Parabita nel 2016 e ospita le cultivar produttive dei Paesi del Mediterraneo, a partire dalla Coratina, eccellenza italiana, e delle diverse regioni. Al campo di Parabita, con un centinaio di cultivar, si è aggiunto quello di Ugento, con circa 350 varietà, tutte studiate a partire dalla resistenza a Xylella. Maria Saponari le cura personalmente, vigila sull'ordine e sulla pulizia, sulla salute delle piante e sul loro comportamento nel contesto salentino, prediletto dal batterio per le sue caratteristiche di temperatura e di luce solare che illuminava le chiome degli ulivi oggi ridotti a scheletro bruciato da incendi casuali e voluti, in un territorio devastato e in attesa della resurrezione. «L'abbiamo vista intervenire personalmente con gli attrezzi agricoli adatti, e mettere le piante nelle migliori condizione per sviluppare apparato radicale, branche e chiome», dice un collaboratore.

Ma la parte più avanzata della «nuova frontiera» è rappresentata dagli incroci. «Non abbiamo evidenza di altre cultivar resistenti come Leccino e Fs17. Questo ci ha indotti ad imboccare rapidamente la strada degli incroci, tramite impollinazione incrociata utilizzando un genitore resistente e una cultivar tra quelle già produttive, in testa la Coratina. Il processo è quello della "segregazione del carattere"».

Il seme frutto dell'incrocio per impollinazione viene portato in laboratorio o in serra, da questi semi vengono generate piantine figlie degli incroci con un mix dei genitori e i caratteri genetici e agronomici vengono studiati e classificati. «Studiamo - sottolinea la ricercatrice- soprattutto il carattere della resistenza che ovviamente varia in base agli incroci, ma si valuta anche produttività e qualità dei valori nutritivi>. I risultati: la percentuale di resistenza è 1-2 per cento su cento incroci di Leccino e Favolosa con le altre cultivar. In tutto, 7-8 casi di resistenza.

Un capitolo a parte, l'utilizzazione e la valorizzazione dei semenzali, cioè delle piante spontanee nate da semi disseminati dagli occelli o dal vento. Il Cnr, insieme ad un agricoltore salentino, Giovanni Melcarne, dell'azienda Forestaforte, ne hanno selezionato un numero interessante, tra quelli produttivi. Alcuni sono resistenti, e questo ha aperto l'opportunità di incroci con le cultivar di maggiore qualità. Corsa contro il tempo: la rigenerazione dell'agricoltura nella Puglia meridionale è iniziata con nuovi impianti di Leccino e Favolosa. E una nuova generazione parentale si appresta a fecondare una nuova generazione filiale (F1) di olivi.

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