LECCE - «I frutti di mare devono essere consumati cotti». Consiglio imperativo, quello del direttore del Dipartimento di Prevenzione della Asl di Lecce, Alberto Fedele, a fronte del caso di colera che è stato individuato al “Vito Fazzi” di Lecce e per il quale sono attese le risposte dall’Istituto Superiore di Sanità (per quanto riguarda la tipizzazione del Vibrione del colera) e dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata che deve esprimersi in merito ai cibi (frutti di mare) e all’acqua (emunta dal pozzo e non dall’acquedotto) consumata dal 61enne residente in un paese dell’entroterra salentino e finito in Rianimazione al Fazzi dopo una scorpacciata di frutti di mare che gli aveva procurato una dissenteria che lo aveva scompensato e che attualmente è degente del reparto di Malattie infettive diretto da Anacleto Romano.
Fortunatamente non tutti i partecipanti al pasto conviviale hanno consumato i frutti di mare crudi, ma in ogni caso gli esami sono negativi e Fedele precisa che «non abbiamo motivi per sospettare una forma rilevante dal punto tossicogeno».
In ogni caso l’autorità sanitaria attende gli esiti delle analisi per sciogliere tutte le riserve. Rimane il fatto che comportamenti imprudenti espongono a rischi. Una convinzione diffusa vuole che si possano mangiare i mitili crudi purché irrorati con limone, ma Fedele avverte: «Noi sconsigliamo di consumare i frutti di mare, anche se irrorati con limone che ha un ph acido. Non c’è alcun fondamento scientifico sul fatto che uccida il batterio.
E non c’è solo il vibrione del colera che procura malesseri. D’estate la fanno da padrone proprio i batteri e i virus che trovano nelle alte temperature la condizione ideale per proliferare. Poi i virus o i batteri intestinali procurano la dissenteria e le persone si scompensano, specie se si tratta di soggetti fragili come è accaduto nel caso del 61enne di cui attendiamo la tipizzazione del Vibrione per accertare se si tratta di una forma tossigena». E la prudenza non è mai troppa visto che per il colera non c’è un vaccino altamente efficace. «Il vaccino lo somministriamo alle persone che vanno in un’area a rischio – specifica Fedele –, ma non è tra quelli che hanno una copertura alta. Addirittura per quello somministrato negli anni ’70, quando ci fu l’epidemia, è stato dimostrato che non funzionava».
Importanti, invece, le misure igieniche per prevenire il contagio. «Oltre ad evitare ingestione di cibi a rischio, sono importanti le misure di igiene - sottolinea Fedele - per prevenire i contagi. Lavarsi spesso le mani, non metterle le mani in bocca e nel naso, riduce moltissimo il rischio perché noi tocchiamo di tutto. Anche le mosche sono vettori perché si poggiano sulle feci. Quindi bisogna coprire i cibi, particolarmente quelli a rischio, ma se comprando i frutti di mare ne troviamo uno avariato basta eliminarlo e cuocere tutto il resto. Il cibo deve raggiungere una temperatura interna di almeno settanta gradi. Se acquistati e non consumati subito i frutti di mare vanno conservati in frigo, avvolti in uno straccio bagnato. Vanno conservati nelle condizioni in cui si trovavano quando li abbiamo acquistati».
Le cozze vengono allevate con procedimenti che dovrebbero rendere sicuro il cibo, ma basta qualche sbavatura perché venga meno la sicurezza e per questo è preferibile cuocerle. Fedele spiega che basta lo sversamento in mare fatto da una barca vicino a un allevamento per contaminare le cozze che se non tenute a sufficienze nella vasca di depurazione possono risultare infettate da batteri. Un problema che si accentua in estate quando l’elevato consumo induce a saltare qualche fase per accorciare i tempi della commercializzazione del prodotto. «Non deve accadere, ma può accadere» conclude Fedele.