LECCE - «L’imposizione del velo islamico ad una sposa nata e cresciuta in un paese democratico è maltrattamento». Con questa motivazione il giudice monocratico Maria Francesca Mariano ha condannato a cinque anni di reclusione un cittadino marocchino di 30 anni, residente in un paese del sud Salento, accusato di aver picchiato la moglie e averla costretta ad indossare il velo. Un verdetto ben più pesante, se si considera che la pena invocata dal pubblico ministero di udienza era di due anni. Il giudice, inoltre, ha inoltre condannato l’imputato al risarcimento di 50mila euro nei confronti della ex moglie.
«Chi trasferisce la propria residenza in un paese estero con pretese di cittadinanza - si legge nella motivazione contestuale - deve sapere che dovrà rispettare la legge del popolo di arrivo e non potrà in nessun modo ipotizzare di comportarsi come le leggi o gli usi dello Stato di origine consentivano, tantomeno per ragioni religiose in un luogo dove è riconosciuta la libertà di culto». E ancora: «Strattonare la donna per strada, colpirla con calci e pugni fuori e dentro l’abitazione, umiliarla calpestando le patatine comprate, è maltrattamento; tentare di col- pirla con il pugnale è maltrattamento. Insomma ogni condotta di predominio violento, fisico e morale sulla propria moglie, persona libera e uguale secondo il diritto italiano, costituisce un reato indipendentemente da quale sia il credo personale o religioso» Nella denuncia sporta in Questura la vittima, appena ventenne all’epoca dei fatti, ha offerto uno spaccato di vita costellata di violenze e soprusi. Nonostante fosse incinta, il coniuge l’avrebbe strattonata, picchiata con calci e pugni, minacciata con un coltello persino mentre era incinta. «Te lo infilo nella pancia - le avrebbe detto - ti uccido...uccido te ed il tuo bambino...». La giovane sarebbe stata costretta anche a ricorrere alle cure del pronto soccorso per il rischio di aborto. L’imputato era difeso dall’avvocato Simone Viva; la vittima, di origini straniere ma nata e cresciuta in Italia, si era costituita parte civile con l’avvocato Anna Schiavano.