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Salento, aziende numeri sempre in crescita: bene costruzioni e agricoltura

 
Alberto Nutricati

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Alberto Nutricati

Salento, aziende numeri sempre in crescita: bene costruzioni e agricoltura

Nell’ultimo anno nel leccese si è registrato un +514. La provincia è al 14esimo posto nella classifica della natimortalità

Mercoledì 18 Novembre 2020, 13:39

LECCE - Aumentano le aziende nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto. Un incremento registrato sia su base congiunturale, ovvero rispetto al mese precedente, sia su base tendenziale, ovvero rispetto allo stesso periodo dell’anno prima.

Gli ingranaggi dell’economia italiana procedono, oramai, a velocità molto diverse. Mentre l’emergenza sanitaria innescata dal Covid-19 ha determinato, in alcune aree del Paese, una progressiva contrazione del numero delle imprese, in altre - come nelle tre province salentine - le aperture di nuove aziende continuano a superare le chiusure. Si registrano, infatti, più iscrizioni, che cancellazioni al Registro Imprese e il saldo della nati-mortalità delle attività economiche resta positivo.
Lo studio condotto da Davide Stasi, responsabile dell’Osservatorio Economico Aforisma (school of management, associata Asfor), prende in esame tutte le imprese attive, cioè quelle iscritte in Camera di Commercio, che esercitano l’attività e non risultano avere procedure concorsuali in atto. Si tratta, dunque, di un sottoinsieme dello stock delle imprese registrate.

Nella speciale classifica sull’andamento della natimortalità delle attività economiche, al 13esimo posto, si piazza la provincia di Taranto (con una crescita dello 0,92 per cento), al 14esimo quella di Lecce (+0,80), al 19esimo quella di Brindisi (+0,61), al 20esimo quella di Bari (+0,56), al 40esimo, ma in territorio negativo, quella di Foggia (-0,04).
In particolare, nell’ultimo anno, Taranto registra un saldo positivo di 386 aziende (da 41.953 a 42.339); Lecce +518 (da 64.418 a 64.936); Brindisi +194 (da 31.747 a 31.941).

I settori favoriti da questo nuovo corso dell’economia salentina sono: costruzioni; agricoltura; attività professionali, scientifiche e tecniche, mentre risulta fortemente penalizzato il commercio sia all’ingrosso che al dettaglio, nonché le attività manifatturiere.

«Dobbiamo tenere conto – spiega Stasi – dell’effetto sortito dai vari bonus, assieme ai contributi, ai ristori, ai finanziamenti a fondo perduto che hanno tamponato la temuta emorragia di imprese. Chiudere definitivamente una partita Iva – sottolinea – avrebbe significato perdere il diritto alle diverse forme di sussidio, rivolte in favore di ditte individuali, lavoratori autonomi, liberi professionisti, società di persone e di capitali, cooperative e consorzi. Se il coronavirus non ha ridotto il numero delle imprese, non si può dire lo stesso per i ricavi complessivi, ad eccezione di alcuni settori, come la sanità, l’e-commerce e le costruzioni».

L’andamento in Italia è in parte simile. Crescono i comparti delle costruzioni (6.621 imprese in più); delle attività professionali, scientifiche e tecniche (+5.563); del noleggio e dei servizi di supporto alle imprese (+4.729); delle attività immobiliari (+3.879). In flessione, invece, il commercio (13.268 imprese in meno); l’agricoltura (-6.624); le attività manifatturiere (-5.575).

In base alla classifica, al primo posto figura Napoli (+2,03 per cento), seguita da Catania (+1,97) e da Caserta (+1,40). Le ultime tre province sono Sondrio (-1,53), Rovigo (-1,54), Mantova (-2,03).
Questo il trend delle regioni: Campania (+1,30 per cento), Sicilia (+1,21), Lazio (+0,94), Puglia (+0,54), Sardegna (+0,46), Calabria (+0,40), Trentino-Alto Adige (+0,21), Abruzzo (+0,05), Basilicata (+0,03), mentre è negativa in Umbria (-0,05), Toscana (-0,32), Piemonte (-0,46), Liguria (-0,49), Lombardia (-0,56), Veneto (-0,58), Emilia Romagna (-0,64), Friuli Venezia Giulia (-0,81), Marche (-0,94), Valle D’Aosta (-1,08), Molise (-1,10).

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