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Biagio Valerio
13 Agosto 2020
Nardò - Uno sbarco, all’alba, nel parco di Porto Selvaggio. Un’area «comoda» perché non ci sono abitazioni sulla costa per diversi chilometri. La località del Comune di Nardò, a ridosso della baia di Uluzzo ha accolto una barca in buone condizioni dalla quale sono scese 77 persone, la maggior parte provenienti dall’Afghanistan dopo un viaggio durato due mesi per attraversare la Turchia e raggiungere il porto di Smirne, sull’Egeo, dove si sono ritrovati come compagni di viaggio dieci pakistani, un iraniano e tre somali. Poi ci sono voluti altri 9 o 10 giorni per attraversare il Mediterraneo insieme con una imbarcazione «gemella» che ieri pomeriggio si diceva potesse essere nei pressi di Otranto o Santa Maria di Leuca.
Trenta i minorenni a bordo individuati quasi subito dai 14 forestali dell’Arif, gli «angeli» del parco. Ai bimbi gli scafisti, forse georgiani, hanno dato alla partenza una bottiglietta d’acqua ed una bustina di pane raffermo. Agli adulti sono una bottiglia d’acqua grande per coppia. Molti hanno comunicato in inglese, riferendo di aver lasciato la loro terra per raggiungere genericamente l’Europa (non sapevano nemmeno di essere approdati in Italia) e per lasciare una terra perennemente in guerra, dopo aver venduto tutti i propri beni. Hanno riferito di aver pagato per viaggiare. Ma solo gli adulti, gratis i bambini.
Non si sa ancora se erano di più a bordo. Alcuni migranti, infatti, sono stati rintracciati dalle forze dell’ordine già nella stazione di Nardò, pronti a prendere il treno. Ragionevolmente sono veritieri i loro racconti sulla presenza di almeno novanta persone. Molti sono stati individuati intorno alle sette del mattino da carabinieri, finanzieri e poliziotti a chilometri dal punto di sbarco: a Santa Caterina, Posto di Blocco, sulla Nardò-Pagani e persino in centro città. Alcuni hanno riferito di essere professionisti: un avvocato, un ingegnere e un architetto. Una mamma con i suoi tre bambini è stata ricoverata in ospedale a Gallipoli per problemi renali. Nelle ultime ore hanno dovuto bere le acque di scarico dei motori della nave.
Con la collaborazione della Caritas, Protezione civile neritina, della Croce rossa, delle forze dell’ordine e del 118, tutti i migranti sono stati trasferiti nel centro di accoglienza «Don Tonino Bello» di Otranto per seguire i protocolli sanitari, in particolare quelli utili a fronteggiare il Covid.
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