Detenuti, poliziotti e amministrazione penitenziaria uniti per commemorare le vittime del Covid-19.
Si è svolto alcuni giorni fa nel carcere circondariale di Borgo San Nicola a Lecce un minuto di raccoglimento in memoria di tutte le persone che hanno perso la vita da febbraio in Italia, a causa del contagio da Coronavirus.
Un momento di raccoglimento che era stato organizzato dalla direzione della Casa circondariale con l’obiettivo anche di sostenere moralmente gli operatori sanitari strenuamente impegnati nell’assistenza agli ammalati.
Il 6 aprile sorso alle 16 dunque, in tutte le sezioni dell’istituto di pena è stato attivato il suono della campanella che ha preannunciato il minuto di silenzio, a cui hanno preso parte tutti i detenuti. Al termine è scattato un applauso che ha coinvolto anche gli operatori penitenziari in servizio.
L’iniziativa, va detto, è nata da un detenuto insieme ai suoi compagni di sezione, fino a coinvolgere con un passaparola tutti i detenuti delle altre sezioni in tutti i padiglioni. Con un’istanza alla direzione, è stato chiesto di organizzare il minuto di silenzio dedicato alle vittime. «È stato molto emozionante – ha scritto il detenuto promotore dell’iniziativa in una lettera al suo legale Fulvio Pedone – sentire il silenzio assordante anche se per un solo minuto da parte di un’intera popolazione carceraria, con un applauso finale che ha fatto venire la pelle d’oca a tutti. Questo per far vedere che nelle carceri le situazioni possono essere affrontate con la giusta sensibilità e serietà per il drammatico momento che tutti stiamo vivendo, ed è giusto che questo si sappia».
Lo stesso legale Pedone (che tra l’altro è sindaco di Lizzanello) ha voluto esprimere un suo commento sulla situazione generale delle carceri italiane in questo periodo di crisi.
«Sia i detenuti, che il personale di polizia penitenziaria che l’amministrazione del carcere si sono uniti in questo momento commovente. Come a Lecce in tutte le carceri italiane però – è la sua analisi – i direttori e i magistrati di sorveglianza sono stati lasciati soli a gestire la crisi. La gestione dell’emergenza – prosegue – è stata affidata alla loro buona volontà e i detenuti hanno avuto un altro senso dello Stato come non ha avuto però il Ministro della Giustizia, che ha sì chiesto le scarcerazioni per limitare il diffondersi del contagio, ma non ha dotato i magistrati di sorveglianza degli adeguati strumenti normativi».
Pedone, infine, aggiunge: «Serve un’azione politica netta, coraggiosa, ma principalmente giusta. L’Italia della giustizia non è quella di Bonafede. Lo hanno fatto capire a chiare lettere, oltre a Papa Francesco e alle camere penali italiane, anche i detenuti con un’esemplare manifestazione di forte attaccamento alle istituzioni e di alto senso civico».