Sabato 06 Settembre 2025 | 16:27

Omicidio Petrachi, «Non ho ucciso Angela»: parla l'agricoltore condannato all'ergastolo

 
Redazione online

Reporter:

Redazione online

Omicidio Petrachi, «Non ho ucciso Angela»: parla l'agricoltore condannato all'ergastolo

DELITTO - Angela Petrachi fu violentata e uccisa nell’ottobre del 2002

I giudici dovranno decidere se, alla luce delle nuove tracce di Dna emerse grazie alle indagini difensive, il processo potrà essere riaperto

Domenica 08 Marzo 2020, 13:09

CALIMERA - «Sono detenuto ingiustamente, per un omicidio che non ho mai commesso».
Inizia così la lettera di Giovanni Camassa, l'agricoltore di Melendugno condannato all'ergastolo con sentenza definitiva perché ritenuto colpevole dell'omicidio di Angela Petrachi, violentata e uccisa a fine ottobre del 2002. Nonostante la Corte d'Appello di Potenza gli abbia negato la revisione del processo, ora l'agricoltore si è rivolto alla Corte di Cassazione. L'udienza è stata fissata per il prossimo 20 marzo. I giudici dovranno decidere se, alla luce delle nuove tracce di Dna emerse grazie alle indagini difensive, il processo potrà essere riaperto.

Nella missiva indirizzata alla nostra redazione, Camassa ripercorre tutta la sua vicenda.
A cominciare dall'incontro con Angela, «quella domenica del 20 ottobre del 2002 fui fermato da Angela Petrachi che mi chiese se potevo procurarle un cane per i suoi bambini. Per gentilezza le risposi che avrei cercato di trovarlo, mi diede il numero del suo cellulare». I due, poi, si sentono saltuariamente sempre per la questione relativa al cane, che alla fine la Petrachi riesce a procurarsi da altre persone. Così si arriva al 26 ottobre, giorno in cui la donna scompare. «Intorno alle 12 trovai un sms di Angela, in cui scriveva qualcosa del tipo “ci vediamo” o “stai venendo”. Io la chiamai per dirle che aveva sbagliato, e lei mi rispose “sì, sì” e chiuse subito. Mi chiedo e mi richiedo a chi era indirizzato quel messaggio. Io ho continuato a lavorare – continua la lettera – fino a quando è arrivata l'ora di lasciare: una volta in garage mi resi conto che avevo perso un pezzo del rullo del trattore. Mi recai dove avevo lavorato per cercare il pezzo e dopo un po' lo trovai, lo presi e lo misi sotto al sedile. Tornai a casa alle 14, mia sorella era in compagnia di una nostra comare e poi mi misi a pranzare. Poi andai a Castrignano dei Greci a prendere la mia ragazza, ora divenuta mia moglie».
«Io Angela Petrachi non l'ho proprio vista – scrive – durante le indagini sono stato sempre disponibile con gli inquirenti. Tempo dopo mi fu chiesto l'esame del Dna, della mia auto, degli indumenti che indossavo a lavoro: poi fui carcerato. Dopo 3 anni, 8 mesi e 10 giorni sono stato assolto con formula piena e immediatamente scarcerato, in secondo grado invece la sentenza si è ribaltata, sono stato condannato all'ergastolo e la sentenza è stata anche confermata in Cassazione. Ora grazie al mio avvocato Ladislao Massari abbiamo chiesto e ottenuto ulteriori esami sui reperti indossati da Angela il giorno della scomparsa, e grazie alle nuove tecnologie sono stati trovati due Dna maschili: ma non il mio. Sono ormai 17 anni che subisco tutta questa ingiustizia, a scapito della mia salute». «l mio più grande dolore – conclude – è non poter vedere crescere i miei figli».

Ammazzata dopo una lite

per un cane: ergastolo

LECCE – La Cassazione ha confermato la condanna alla pena dell’ergastolo per Giovanni Camassa, l'agricoltore 45enne ritenuto responsabile dell’omicidio di Angela Petrachi (nella foto), la 31enne uccisa brutalmente nell’ottobre del 2002 nelle campagne di Melendugno (Lecce). Fi assolto in primo grado e condannato in appello

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)