I giudici della Corte d’assise d’appello di Lecce hanno assolto 11 dei 13 imputati condannati in primo grado per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù dei lavoratori migranti impiegati nella raccolta delle angurie e dei pomodori nelle campagne di Nardò, in Salento. Si tratta di imprenditori ortofrutticoli e caporali condannati in Corte d’assise nel luglio del 2017 a pene comprese tra i 7 e gli 11 anni di reclusione ed oggi assolti dai giudici (presidente Vincenzo Scardìa). La Corte ha accolto la tesi del collegio difensivo che puntava sul fatto che nel periodo di contestazione dei fatti, tra il 2008 e il 2011, il reato di riduzione in schiavitù non fosse previsto dalla legge come reato.
Tra gli assolti anche l’imprenditore Pantaleo Latino, detto il 'Re delle anguriè, ritenuto dall’accusa a capo del sodalizio criminale transnazionale dedito allo sfruttamento e riduzione in schiavitù dei migranti impegnati nella raccolta delle angurie nelle campagne di Nardò.
Il sostituto procuratore generale Giovanni Gagliotta aveva chiesto invece la conferma della sentenza di primo grado. Per gli episodi di estorsione contestati a dieci imputati e riunificati nel reato di riduzione in schiavitù, i giudici hanno dichiarato la nullità del decreto che dispone il giudizio del 20 dicembre 2012, disponendo la trasmissione degli atti al Gup, perché hanno ritenuto generica la contestazione. Per effetto delle assoluzioni, sono quindi stati annullati anche molti dei risarcimenti disposti in primo grado. I giudici hanno invece rideterminato la pena inflitta a Ben Mahmoud Jelassi Saber (5 anni) e per Ben Alaya Akremi Bilel (6 anni).