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L’inaugurazione del Petruzzelli, il primo atto di Tangentopoli

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

L’inaugurazione del Petruzzelli, il primo atto di Tangentopoli

Ad essersi aggiudicati, alcuni anni prima, il suolo comunale da destinare a nuovo Politeama, erano stati proprio i fratelli Antonio e Onofrio Petruzzelli

Sabato 18 Febbraio 2023, 10:41

È il 15 febbraio 1903. Centoventi anni fa un trafiletto in terza pagina riportava una notizia dalla portata epocale per la storia della città di Bari e di tutto il territorio pugliese: «La grande inaugurazione del Teatro Petruzzelli». Il critico del «Corriere delle Puglie» così racconta quella storica serata: «Quando il pubblico, il gran pubblico, il pubblico aristocratico e democratico, borghese e lavoratore, che affollava la immensa sala è rimasto colpito dalle onde di luce, dal fulgore dell’oro, dai colori smaglianti, dai quadri rivelatori di tutto un superiore criterio di arte; quando quel pubblico ha visto schiuso innanzi a sé il meraviglioso ambiente, in cui il livello teatrale cittadino era innalzato alle vette di un teatro, che è uno dei più belli d’Italia, ha avuto come una esplosione di questa meraviglia, di riconoscenza verso chi ha dato un’opera monumentale a Bari, di entusiasmo delirante per l’opera creata e portata a fine, dall’ingegnere Messeni con una costanza infaticabile, dai fratelli Petruzzelli con una persistenza che si spiega soltanto col sentimento di uomini che si prefiggono una meta e tutto sgombrano per raggiungerla. E costoro l’hanno raggiunta anche oltre l’aspettativa, l’hanno raggiunta nell’ammirazione anche dei diffidenti e degli increduli; l’han raggiunta dando a Bari un teatro Petruzzelli, che mette Bari tra le città che possono inorgoglire di avere un grande, un bello, uno splendido teatro».

Ad essersi aggiudicati, alcuni anni prima, il suolo comunale da destinare a nuovo Politeama, erano stati proprio i fratelli Antonio e Onofrio Petruzzelli, commercianti baresi di lenzuola, asciugamani e fazzoletti, i quali avevano affidato il progetto al cognato, l’ing. Angelo Cicciomessere, che qualche tempo dopo avrebbe cambiato il suo cognome in Messeni. «Non è comune il caso di privati, i quali soltanto dal lavoro han tratto e traggono la loro fortuna, e che impiegano più di un milione per un concetto artistico, per adorazione dell’arte, per la incarnazione del bello in una sublime espressione estetica», commenta il giornalista.

Già autore di uno dei primi piani regolatori della città, Messeni, prendendo spunto dai più grandi teatri europei, progetta una sala grandiosa da circa 2000 posti che comprende platea, palchi, galleria e loggione, realizzando così uno spazio continuo dall’acustica perfetta. A Raffaele Armenise, un pittore barese della scuola napoletana di Domenico Morelli, viene affidata l’esecuzione del telone della scenografia che riproduce la liberazione di Bari dai Saraceni, avvenuta per opera dei Veneziani nel 1002, la cui riproduzione fotografica si può ammirare oggi sul pannello che ricopre il cantiere di palazzo Starita su via Venezia.

Armenise affresca magistralmente anche la volta, una superficie di oltre 500 metri. Quella sera la rappresentazione de Gli Ugonotti di Giacomo Meyerbeer, interpretata dal tenore Carlo Cartica e dai soprani Carmen Bonaplata e Tina De Spada, inaugura la prima stagione del Petruzzelli. «La sala di una splendidezza d’incanto. Innumerevoli le signore di eleganza squisita. Non un palco, non una poltrona, non una sedia, non un posto di loggione vuoto».

Di tutt’altro tenore, invece, la notizia che compare il 19 febbraio 1992 a pagina 8 de «La Gazzetta del Mezzogiorno»: «L’ingegner Mario Chiesa, 48 anni, socialista, da sei presidente del Pio albergo Trivulzio, noto ai milanesi come la “Baggina” e del non meno noto istituto per orfanelli “Martinitt”, arrestato lunedì sera dai carabinieri nel suo ufficio, aveva intascato una tangente di 10 milioni. “Lo abbiamo preso con le mani nella marmellata”, ha dichiarato ieri il procuratore della Repubblica Saverio Borrelli nel corso di un incontro coi giornalisti». Trentuno anni fa si compiva il primo atto dell’inchiesta che passerà alla storia con il nome di «Mani pulite»: quello che in quei primi giorni viene raccontato come un isolato caso di corruzione si trasforma ben presto in una valanga che travolgerà non solo il Partito socialista, ma l’intero sistema partitico italiano.

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