«Non ci sto a questo massacro»: sono le dure parole di Oscar Luigi Scalfaro, riportate in prima pagina su «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 4 novembre 1993. La sera prima, il Capo dello Stato ha interrotto le dirette televisive per diffondere, a reti unificate, un messaggio alla Nazione. Scalfaro è al Quirinale da circa un anno e mezzo: è stato eletto nel maggio 1992, due giorni dopo la strage di Capaci. L’Italia è scossa dagli attentati mafiosi e dagli scandali di Tangentopoli: il vecchio sistema dei partiti sta per crollare definitivamente, ma un nuovo terremoto si è scatenato ai piani più alti delle istituzioni. «Il caso Sisde scatena una bufera sul Viminale e arriva a sfiorare perfino il Quirinale» si legge sulla Gazzetta.
Maurizio Broccoletti, ex direttore amministrativo del Sisde, il Servizio segreto civile, e il suo ex tesoriere, Galati, hanno lanciato gravissime accuse. «Tutti i ministri dell’Interno che si sono succeduti dal 1982 ad oggi, tranne Amintore Fanfani, avrebbero ricevuto dal Sisde la somma di cento milioni di lire al mese. Il danaro non veniva consegnato personalmente, ma tramite persone facenti parte del loro staff». Anche Scalfaro, che è stato Ministro dell’Interno dal 1983 al 198 , è tra i nomi coinvolti: persino sua figlia Marianna finisce nel polverone.
Pertanto, dopo alcune ore di silenzio, per il Presidente della Repubblica è arrivato il momento di parlare: fa interrompere la trasmissione televisiva della partita di Coppa Uefa tra il Cagliari e la squadra turca del Trabzonspor e afferma: «Prima si è tentato con le bombe. Ora con il più vergognoso e ignobile degli scandali. A questo gioco al massacro io non ci sto. Io sento il dovere di non starci e di dare l’allarme. Non ci sto, non per difendere la mia persona, che può uscire di scena in ogni momento, ma per tutelare con tutti gli organi dello Stato l’istituto costituzionale della Presidenza della Repubblica. […] Dunque il mio no all’insinuante e insistente tentativo di una premeditata distruzione dello Stato è un no fermo e motivato. Per questo, nel momento in cui potrò essere legittimamente a conoscenza delle accuse rivolte alla mia persona, nella serena coscienza di avere sempre e solo servito lo Stato nell’assoluto rispetto delle legge, reagirò con ogni mezzo legale contro chiunque abbia creduto di poter attentare alla mia onorabilità». Gli ex funzionari del Sisde saranno accusati di «attentato agli organi costituzionali». Solo dopo la fine del suo mandato, nel 1999, Scalfaro sarà iscritto dalla Procura di Roma nel registro degli indagati per abuso di ufficio: l’archiviazione, da parte del Tribunale dei ministri, arriverà nel 2001.