«Pasolini ucciso da un “ragazzo di vita”, come in un suo film»: così titola «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 3 novembre 1975. «Lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini è stato selvaggiamente assassinato questa notte, dopo una furiosa colluttazione, a colpi di una pesante tavola di legno divelta da un rudimentale cancello. Il suo cadavere, orrendamente sfigurato, è stato scoperto all’alba di stamani all’estrema periferia di Ostia, nei pressi dell’idroscalo, dalla famiglia di un carpentiere che, come tutte le domeniche, si recava nella zona per completare i lavori di una baracca che stava costruendo artigianalmente».
La notizia sconvolge il Paese intero. Pier Paolo Pasolini – scrittore, poeta, autore e regista cinematografico e teatrale – nasce cento anni fa, nel 1922, a Bologna. Segue gli spostamenti continui del padre Carlo, ufficiale di carriera: dopo la laurea in Lettere, Pasolini si trasferisce in Friuli, nel paese natale della madre, dove comincia la sua esperienza letteraria, e poi definitivamente a Roma. La pubblicazione dei due «romanzi romani» – «Ragazzi di vita» nel 1955 e «Una vita violenta» nel 1959 – rappresenta, si legge sulla «Gazzetta», uno dei fatti più interessanti degli anni Cinquanta. «Una ricerca inquieta, appassionata, nel tessuto sociale dei luoghi, delle comunità umane in cui visse, o meglio con cui visse, perché tutta l’opera di Pasolini, e dunque anche la sua vita, è all’insegna della partecipazione, viva, attiva: egli è stato un vero militante, in uno dei periodi più difficili della nostra storia recente».
Lo scrittore barese Giorgio Saponaro così lo ricorda: «Gli occhiali neri, come per difesa contro il mondo che voleva sempre osservarlo, scrutarlo, vivisezionarlo; la voce, dolcissima, suadente come di chi soffre quotidianamente con immenso strazio le cose di cui parla, di cui dice, con le quali intrattiene gli altri. Il corpo magro, i giubbotti neri, e tutto intorno alla sua figura un non so che di rappreso, di tenuto a freno, di gentile e di forte insieme».
Sulla «Gazzetta» si riportano, inoltre, le reazioni a caldo di molte personalità della cultura nazionale. Eduardo De Filippo, che di lì a poco avrebbe dovuto interpretare l’ultimo film di Pasolini, commenta amaro: «Mentre l’uccidevano, povero e caro Pier Paolo, avrà certamente pensato al soggetto cinematografico che aveva ideato per me, nel quale descriveva, in modo allucinante e ricco di particolari, la scena di un martirio che subisce un uomo in mezzo ad una pubblica piazza». «Sono sconvolta e desolata» – dice Lina Wertmüller – «Abbiamo perduto forse l’intelligenza più lucida dell’Italia contemporanea».