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Roma, nel mirino la comunità ebraica

 
Annabella De Robertis

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Annabella De Robertis

Roma, nel mirino la comunità ebraica

Bomba alla Sinagoga: morto un bimbo

Lunedì 10 Ottobre 2022, 12:01

È il 10 ottobre 1982: «La Gazzetta del Mezzogiorno» riporta la cronaca del drammatico attentato alla Sinagoga di Roma. «Un attentato atroce e imprevisto ha sconvolto ieri la capitale. Il terrorismo di marca internazionale ha colpito questa volta il ghetto ebraico e il bilancio delle vittime è assai grave: un bambino di appena due anni, Stefano Tachè, è morto dilaniato dalle schegge di una bomba. Il fratellino di quattro, Gabriele, è in fin di vita anch’egli colpito alla testa da schegge. Tra i feriti, che sono ventinove, ve ne sono almeno sette in pericolo di vita e tra essi i genitori di Tachè». Quel 9 ottobre si celebra lo Shabbat, la festa di Sheminì’Atzeret e nel Tempio di Roma era previsto anche il bar mitzvah (il più importante rito di passaggio per i giovani ebrei) di alcune decine di adolescenti. La tensione è alle stelle: il 31 agosto ‘82 la comunità israelita di Parigi è stata sconvolta da un attentato, conclusosi con 7 morti e 30 feriti. In tutta Europa si è diffuso un clima di sospetto e ostilità contro lo stato di Israele, che nel giugno 1982 ha attaccato militarmente il Libano, rifugio di vari gruppi armati palestinesi, tra cui l’Olp di Yasser Arafat. Pochi giorni prima il capo dello Stato Sandro Pertini ha rivolto al Paese un appello contro ogni forma di antisemitismo. Nonostante questo, nel ghetto di Roma quel giorno non vi sono misure di sicurezza.

«Mancano quattro minuti alle dodici e dalla porta laterale della sinagoga che dà su via del Tempio cominciano ad uscire le famiglie israelite che hanno preso parte alla funzione. C’è una grande folla e molti sono i bambini e i ragazzi. Una o due persone vestite color avana – le descrizioni dei testimoni non collimano – si avvicinano all’inferriata del cortiletto che circonda da quella parte la sinagoga e lanciano in rapida successione due, tre, quattro bombe a mano. Cadono le prime vittime ma il violento fragore fa correre fuori dalla sinagoga altra gente. I terroristi allora mettono mano ai mitra e sparano sventagliate. Un fuoco tremendo che dura circa due minuti», si legge sulla «Gazzetta».

La notizia si diffonde, arrivano i soccorsi e in un secondo momento le autorità: il presidente del Consiglio Spadolini, il ministro di Grazia e Giustizia Darida, Marco Pannella, e Longo, segretario Psdi, vengono accolti con imprecazioni e insulti dagli abitanti del ghetto: «Voi siete gli amici di Arafat, non vogliamo la vostra ipocrisia!», gridano i più giovani, gli stessi che organizzano seduta stante una manifestazione di protesta che sfila per le vie del centro di Roma.
Il piccolo Stefano Tachè sarà l’unica vittima di quella tragica giornata: solo un palestinese sarà individuato e condannato per la strage, ma quarant’anni dopo, giustizia non è ancora stata fatta. Solo pochi mesi fa, in seguito alla declassificazione di atti riservati da parte dei Servizi segreti, la Procura di Roma ha riaperto il fascicolo sulla strage.

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