È il 29 settembre 1921. «Tutta Conversano ha partecipato ai funerali dell’on. Di Vagno», titola il Corriere delle Puglie. La Puglia e l’intero Paese sono scossi dall’omicidio del deputato socialista. La sera del 25 settembre Giuseppe Di Vagno era a Mola di Bari per l’inaugurazione di una sezione del partito: sapeva di correre un enorme rischio, alla luce delle continue minacce ricevute dai membri dei Fasci di combattimento locali e dei precedenti agguati a cui era già sfuggito.
Fu colpito da una squadra armata di rivoltelle e bombe a mano e morì il giorno successivo dopo alcune ore di agonia. Nella notte tra il 26 e il 27 settembre la salma di Di Vagno viene trasportata a Bari con un’ambulanza scortata dai Carabinieri. La sala dell’ospedale consorziale, divenuta camera ardente, si trasforma in meta di pellegrinaggio di cittadini di tutte le classi, si legge sul Corriere.
Di Vittorio e Vella hanno richiesto un treno speciale per riportare il feretro del deputato nella sua città natale, Conversano, dove sono previsti i funerali: «La salma, posta nella sala di prima classe, per tutta la notte fu vegliata dai compagni dell’on. Di Vagno e da pompieri e guardie civiche in alta uniforme. Intorno alla salma erano tutte le bandiere che avevano partecipato al corteo funebre del pomeriggio e le corone dei famigliari e delle persone più intime. Non essendo le vetture già pronte sufficienti a contenere l’enorme folla, al convoglio ne furono allacciate altre quattro.
Al passaggio del triste convoglio lungo la linea ferroviaria, i lavoratori si fecero trovare allineati o a capo scoperto».
A Conversano si forma un imponente corteo che percorre tutte le vie del paese: «malgrado la dirotta pioggia le vie erano affollatissime, sul viso di tutti era il segno del pianto per la dipartita tragica del loro benemerito concittadino». Davanti alla sezione socialista in piazza XX Settembre i rappresentanti del partito e dei movimenti sindacali pronunciano il proprio omaggio al «gigante buono», come lo definì Filippo Turati. Durante la cerimonia non mancano scontri e tafferugli e il panico si scatena quando si sparge la voce di colpi d’arma da fuoco sparati da una casa nei pressi del monastero di San Benedetto.
L’assassinio di Di Vagno ebbe risonanza in tutta Italia, ma il delitto rimarrà, fino al secondo dopoguerra, impunito. Alcuni esecutori materiali del delitto, tutti giovanissimi e legati ai Fasci di combattimento, saranno assolti o prosciolti dalle accuse in Corte d’Assise, gli altri si salveranno con l’amnistia generale del 1922, voluta da Mussolini, nei confronti di chi ha commesso violenze «per fine nazionale».