In Puglia e Basilicata
macchina del tempo
19 Giugno 2022
Annabella De Robertis
È il 19 giugno 1997. Per la XIII edizione dei Giochi del Mediterraneo, che venticinque anni fa si svolgevano a Bari e in altre città della Provincia, «La Gazzetta del Mezzogiorno» pubblica un inserto speciale dal titolo «Piccola guida alla regione: qualche istruzione per l’uso della nostra terra a beneficio dei turisti (e non solo»).
«Venite in Puglia» esorta i lettori Franco Cardini: lo studioso, che ha lavorato e vissuto per alcuni anni nella nostra regione, smonta i cliché che negli anni Novanta ancora dominano l’immaginario collettivo: «Vai in Puglia? se ti avventuri nella città vecchia di Bari, ti scippano. Gira alla larga dalle pescherie! Si prende il tifo solo a guardarli quei terribili frutti di mare crudi. Vecchie storie. Veniteci pure tranquilli, in Puglia. La Puglia è una riserva dialettologica e folklorica di prim’ordine dove nessuno parla come Banfi, Abatantuono o Porcaro, ma il teatro dialettale barese è secondo forse solo a quelli, grandissimi, del veneziano Baseggio e del genovese Govi: lo sospettavate?».
La vera sorpresa, dice Cardini, è la gente: «Non trascurate di fare quattro chiacchiere con gli abitanti: vi accorgerete di trovarvi in un mosaico straordinario, dove s’incontrano e si mescolano l’illirico, il greco, il normanno, l’arabo».
A ricostruire le vicende più antiche della nostra regione è l’archeologa Raffaella Cassano; Bianca Tragni esplora, invece, il mondo delle feste patronali, delle tradizioni e del folklore. Cesare Colafemmina racconta la convivenza di ebraismo e cristianesimo, Pietro Marino spazia dall’arte romanica alle opere di Pino Pascali: «Arte come dialogo e come incontro. ieri e oggi». Vito Antonio Leuzzi descrive l’evoluzione dell’identità regionale pugliese attraverso i processi politici e quelli migratori, dalle vicende ottocentesche fino all’arrivo dei rifugiati provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico. Le cause dell’arretratezza della Puglia sono da ricercare, nell’analisi di Gianfranco Viesti, nella diffusa mentalità assistenziale e anticoncorrenziale dei pugliesi e nell’inefficienza dell’apparato pubblico. Una carrellata della scena teatrale pugliese, non priva di sferzate polemiche, è tracciata da Egidio Pani. Qualcosa di promettente si profila, invece, nell’orizzonte letterario pugliese, secondo Giacomo Annibaldis. Ugo Sbisà, a cui è affidato l’excursus sul panorama musicale, definisce Bari «capitale dell’Acid Jazz». Di Bari come «città cinematograficamente senza identità» parla invece Vito Attolini. Molto, ma non tutto, è cambiato in questi ultimi venticinque anni. L’invito è sempre quello: «Venite in Puglia!».
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