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Enzo Tortora, dopo 20 anni un "delitto" mai risarcito

 
Enzo Tortora, dopo 20 anni un "delitto" mai risarcito

Domenica 18 Maggio 2008, 21:38

06 Novembre 2024, 16:20

NAPOLI - È da Napoli che partì la vicenda giudiziaria di Enzo Tortora e oggi proprio Napoli, a vent'anni dalla sua morte, ha voluto ricordarlo. Lo ha fatto con un incontro pubblico - alla presenza di avvocati e amici, e della sua compagna Francesca Scopelliti - durante il quale il "sistema giustizia" è finito sotto accusa. Del resto non poteva essere diversamente: l'odissea di cui è stato vittima Tortora - e per la quale nessun magistrato ha ricevuto nemmeno la più blanda ammonizione, nonostante l'impulso dell'allora guardasigilli Giuliano Vassalli - è diventato sinonimo di errore processuale.
Enzo Tortora, giornalista e presentatore televisivo, fu arrestato a Roma ed esibito in manette, la mattina del 17 giugno 1983, durante un megablitz con 856 ordini di cattura. I pentiti della "Nuova camorra" - tra loro Gianni Melluso, Giuseppe Barra e Pasquale Pandico - lo avevano accusato (in dichiarazioni ai Pm Felice Di Persia e Lucio Di Pietro) di essere un corriere di droga affiliato, "ad honorem", al boss Raffaele Cutolo. È l'inizio di un calvario: Tortora non si sottrae. Eletto eurodeputato il 17 giugno 1984 (con i radicali che ne fanno un simbolo della lotta all'immunità della magistratura) rinuncia alle garanzie di Strasburgo e si fa processare. In primo grado - nonostante fosse difeso da Alberto Dall'Ora e Raffaele Della Valle - viene condannato a 10 anni. In appello, il 15 settembre 1986, arriva l'assoluzione con formula piena. Ma i Pm non si danno per vinti e ricorrono in Cassazione dove, il 13 giugno 1987, il padre di "Portobello" (la popolare trasmissione televisiva da lui condotta) viene scagionato definitivamente.
Ma Tortora, minato da un tumore al quale certo non hanno giovato i processi, muore l'anno dopo.
C'è una folla a dargli l'addio nella basilica di Sant'Ambrogio: l'orchestra della Rai di Milano suona l'adagio di Mahler che lui amava, tre religiosi officiano la cerimonia. Le orazioni laiche sono del sindaco Paolo Pillitteri e del radicale Gianfranco Spadaccia. Nella bara di noce chiara, tra le mani, Tortora tiene una copia del libro emblema della persecuzione giudiziaria "La storia della colonna infame", di Alessandro Manzoni.
Per l'incubo che ha vissuto, Tortora non è mai stato risarcito, hanno ricordato ieri in due interviste al Tg2 e al Tg5 le sue figlie, Silvia e Gaia.
Oggi a Napoli la storia di Tortora è stata raccontata mentre su un monitor scorrevano le foto del presentatore, dietro alle sbarre. «È insopportabile perdere un proprio caro ammazzato dalla criminalità organizzata - ha detto Francesca Scopelliti - ma è altrettanto insopportabile perderlo ammazzato dalla malagiustizia. In Italia si muore ancora di questo male». In una videointervista, l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha puntato il dito contro la magistratura: «siccome i giudici non sanno fare le indagini, prima c'è stata la stagione dei collaboratori di giustizia, adesso siamo passati alle intercettazioni a tappeto». «Tutti erano contro Tortora», dice Cossiga a Vittorio Pezzuto, autore del libro 'Applausi e sputi. Le due vite di Enzo Tortorà, appena edito. «Troppe sentenze prima del processo», secondo il penalista Giovanni Maria Dedola. «Che non sia un'illusione», è l'epitaffio sulla tomba di Tortora. «Era un'illusione», dice amaramente Cossiga.

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