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«Basta promesse, ora segnali concreti»: parla Brescia (5S)

 
Michele De Feudis

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Michele De Feudis

«Basta promesse, ora segnali concreti»: parla Brescia (5S)

Questione Ucraina: «Per noi l’Italia non doveva essere succube degli Usa ma rilanciare la mediazione Ue»

Mercoledì 13 Luglio 2022, 13:19

Giuseppe Brescia, presidente della Commissione Affari istituzionali, tra i grillini più vicini al procedente Roberto Fico. Che posizione ha il Movimento sul Dl Aiuti?

«Contiene tante cose positive e tanti soldi per aiutare famiglie e imprese, come affermato nella dichiarazione di voto del nostro capogruppo alla Camera».

Alla fine però non l’avete votato.

«A causa di alcuni temi inseriti».

Quali?

«L’inceneritore di Roma e alcune norme mancanti sul Superbonus. Se è vero che grazie ad un nostro forcing si è risolta in parte la questione dei crediti, non si è fatto tutto il dovuto e così molte imprese rischiano di fallire, per una azione messa in piedi dal governo contro una nostra misura».

Da qui la richiesta di un chiarimento.

«Noi abbiamo chiesto al premier una verifica in nove punti. Vogliamo capire se Palazzo Chigi ci vuole nella maggioranza o meno».

Si riferisce a Mario Draghi?

«Sì».

Cosa non torna?

«Eravamo la prima forza del parlamento, ora siamo la seconda. In ogni provvedimento c’è qualcosa che non va, si attaccano tutte le nostre misure più importanti e le nostre conquiste. È passato un emendamento che va a indebolire il reddito di cittadinanza».

Giuseppe Conte ha incontrato il premier.

«Il nostro leader ha posto dei punti e non possiamo attendere troppo per avere risposte. A partire dal salario minimo. Ne chiederemo conto ad Andrea Orlando. Non ci accontentiamo di promesse, vogliamo segnali concreti. Decreti se ne fanno uno a settimana».

Cosa può succedere fino a domani?

«Dobbiamo avere rassicurazioni importanti. Conte tiene i rapporti con Draghi: se a Giuseppe sembreranno serie le parole del premier andremo avanti, ancora per un po’. Altrimenti confermeremo la nostra mancata partecipazione, anche al Senato, su questo decreto».

Con che effetti?

«A Palazzo Madama non partecipare al voto coincide con il non votare la fiducia: un ulteriore possibile passaggio verso una uscita. Vediamo cosa succede».

Avete presentato emendamenti al Dl Aiuti.

«Cerchiamo di fare il meglio per i cittadini. Difficilmente per il Dl al Senato sarà riaperto. Il nostro è un tentativo in extremis di cogliere la volontà del governo di modificare il decreto all’ultimo istante. Se dovessero essere approvati non potremmo che essere contenti. Il termovalorizzatore a Roma non è la soluzione».

Chiedete modifiche anche sul Superbonus?

«Ci sono problemi giganteschi, che vanno risolti. Ci vuole una misura per non far fallire le imprese».

Il M5S è diviso tra falchi e colombe?

«No. Tutti i parlamentari sono determinati al fianco di Conte. C’è un fortissimo disagio a rimanere con Draghi, a queste condizioni. C’è chi spinge per lo strappo definitivo. Anche io sono molto critico, ma credo che bisogna provare fino all'ultimo a far cambiare la linea a questo governo, per responsabilità verso il Paese. Se non riusciremo nell’impresa, usciremo dalla maggioranza».

Molti alleati vi criticano. Quale obiezione risulta inaccettabile?

«Quelle di Di Maio e Renzi non le prendo in considerazione. Hanno dimostrato con i fatti di non avere credibilità. Renzi ha fatto cadere un governo per una ripicca personale verso Conte Di Maio diceva che chi lascia il proprio partito dovrebbe dimettersi».

Forza Italia?

«Gli azzurri pongono una questione di responsabilità: noi non discutiamo di capricci, ma di questioni di merito, sul salario minimo e taglio del cuneo fiscale. Il sospetto più forte è che queste forze ci vogliono fuori, per occupare qualche poltrona in più».

Il vostro «no» all’invio di armi a Kiev pesa in questa fase?

«È una questione geopolitica. Per noi l’Italia doveva avere un posizionamento diverso, non troppo succube degli Usa, sempre nella Nato, ma volta a dare all’Europa un ruolo di mediazione tra le ragioni dell’Occidente e la follia di Putin. Per questo l'invio di ulteriori armi a Zelensky, non avendo noi un arsenale significativo, lo ritenevamo inutile. Era necessario invece svolgere un ruolo diplomatico più centrale. Ci accusano di essere filoputiniani, ma non è così. Purtroppo si è passati dalle pressioni per avere il premier Conte ogni giorno nelle Camere all’era Draghi, che - quasi con una delega in bianco - gestisce una guerra senza passare dal Parlamento».

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