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L’Italia è sempre più «sì smoking»: crescono i fumatori

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Coronavirus, l'oncologo Schittulli: «I fumatori? Rischiano più degli altri»

Più 800mila dal 2019, un cittadino su 4. Più giovani e più donne

Martedì 31 Maggio 2022, 12:00

16:14

Riprende a crescere il numero di fumatori in Italia, aumentato di 800 mila unità rispetto al 2019, facendo registrare il primo incremento significativo dal 2006, anche tra le donne. Quasi un italiano su 4 (il 24,2%) è fumatore, e il 75% inizia a fumare tra i 15 ed i 20 anni (il 9% prima dei 15 anni). Mentre poi triplica la percentuale di chi fuma sigarette a tabacco riscaldato (3,3% nel 2022 rispetto all’1,1% del 2019), è in aumento anche il numero di fumatori 'dualì: l’81,9% di chi usa la sigaretta elettronica (e-cig) fuma le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig. E sul fronte delle cure, una nota negativa è anche il calo dei centri Antifumo su tutto il territorio nazionale, passati dai 292 del 2019 ai 223 del mese in corso. Questa la fotografia scattata dal report dell’Istituto superiore di sanità (Iss) in occasione della Giornata mondiale senza tabacco promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), che si celebra il 31 maggio.

Io, fumatore, vi racconto la nostra «parte maledetta»

Ho fumato la mia prima, vera sigaretta a 17 anni, mentre preparavo l’esame di maturità. Per la verità ne avevo assaggiata una qualche tempo prima, verso i 14, da un amico che fumava nei bagni della scuola più o meno dalle elementari. Ma ci vollero l’Atene di Pericle e la geografia astronomica per farmi prendere il vizio.

La morale è che serve sempre un motivo per iniziare. Il fumo - al di là di tutti i ricami alla Oscar Wilde sul «prototipo del perfetto piacere» e i vezzi dei posatori, invecchiati in instagramer salutisti - è sostanzialmente la risposta a uno stato d’animo alterato: ansia, stress, paura, noia, gioia. Non sorprende quindi che dopo due anni di pandemia e qualche mese di guerra - mentre tutto rincara e le offerte di lavoro somigliano a un bando ottocentesco per i campi di cotone della Georgia - la gente si sia data al fumo. La notizia ha indossato subito l’abito di una sorpresa inaspettata, di un clamoroso passo indietro dopo anni di virtuosa civilizzazione. Ma questo accade perché gli analisti contemporanei non valutano mai l’uomo per ciò che è ma sempre per ciò che dovrebbe essere. È l’astrazione illuminista della persona come «macchina razionale» da cui promana, spietata, la logica dell’«igienizzazione» perenne della vita privata e pubblica. Non fumate, non bevete, non fate le ore piccole. Stop allo zucchero, al sale, ai carboidrati, alle proteine, alle bibite gasate. A qualsiasi cosa. Una vita spremuta in un centrifugato continuo dalle raccomandazioni di un grillo parlante - verde, verdissimo ça va sans dire- in servizio permanente.

A seguire tutte le linee guida c’è da finire in manicomio. O peggio da rovesciare tutto nel suo contrario. È la «sindrome delle villette a schiera» di cui scriveva Guido Ceronetti immaginando un micro-mondo di famiglie sane e gaudenti, rilassate in case perfette, con bambini, animali e piante a intonare l’inno della vita ordinata. Il sogno della modernità. Poi, un bel giorno, senza alcun motivo, si sveglia qualcuno e uccide tutti con una motosega. E non potrebbe essere diversamente. Da qualche parte della vita, fosse anche nel controsoffitto, l’uomo ha necessità di abbrutirsi per compensare l’insostenibile pesantezza della perfezione. Ha bisogno di «sgararre», di deragliare, di appagare il no sense. È la «parte maledetta» di cui parlava l’inascoltato Georges Bataille, quella che si sottrae all’utile, al razionale, al calcolato.

Lo sapevano benissimo i popoli tradizionali che organizzavano i giochi in luogo della guerra, affinché ci fosse un canale in cui sfogare un’energia irrazionale che in qualche modo andava liberata, e pure con violenza, e non certo narcotizzata dalla moralizzazione civile. A questo, ancora oggi, dovrebbe servire lo stadio con i suoi novanta minuti di follia collettiva. E a questo, nel loro piccolo, servono le sigarette che danneggiano i polmoni ma aiutano l’anima. «Grazie al cielo, ho smesso di nuovo di fumare! Dio! Come mi sento in forma. Con istinti omicidi, ma in forma», ironizzava il comico inglese Alan Patrick Herbert per spiegare, rovesciando la faccenda, la funzione sociale del vizio. Perché il vizio, variamente inteso, una funzione sociale ce l’ha e non puoi toglierlo di mezzo dando in cambio un avocado. Non funziona così. Fatevene una ragione.

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