Sabato 06 Settembre 2025 | 18:17

Puglia, Lerario si difende attaccando: «Sugli appalti c’erano pressioni»

 
Massimiliano Scagliarini

Reporter:

Massimiliano Scagliarini

Puglia, Lerario si difende attaccando: «Sugli appalti c’erano pressioni»

L’ex dirigente arrestato: «Volevano che facessi in fretta. Le tangenti? Chiedo scusa a tutti»

Lunedì 06 Marzo 2023, 07:12

BARI - Le due tangenti che potrebbero costargli una condanna a sei anni di carcere erano regali, non richiesti, e i pasticci scoperti dalla Procura di Bari nelle procedure amministrative non servivano ad avvantaggiare gli imprenditori amici, ma erano da un lato «il frutto della carenza della struttura tecnico amministrativa e del carico di lavoro sovrumano che io ed i miei collaboratori ci siamo sobbarcati a servizio dell’ente pubblico», e dall’altro delle «pressioni di natura istituzionale» per accelerare gli appalti. Chiede scusa a tutti Mario Lerario: «A chi ha riposto in me la fiducia, ai miei collaboratori ed ai colleghi che hanno sempre profuso impegno e professionalità, alla mia famiglia che si è ritrovata a vivere un incubo da un giorno all’altro», ma respinge l’accusa di aver messo su un giro di mazzette sugli appalti della Protezione civile pugliese: «Tutto questo - scrive - non può risolversi in un “sistema” per il quale io sarei artefice e beneficiario».

La difesa dell’ex dirigente della Regione è in un lungo memoriale («La prima volta che posso rispondere compiutamente alle accuse che sono state mosse nei miei confronti»), 25 pagine consegnate la scorsa settimana al gup Alfredo Ferraro. Cioè il giudice che il 23 marzo dovrà emettere la sentenza, con il rito abbreviato, a fronte dell’accusa di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio.

Lerario, 50 anni, è ancora ai domiciliari dopo l’arresto in flagranza del 23 dicembre 2021, quando finì in carcere per la prima delle due mazzette: i 20mila euro consegnati in auto dal coimputato Luca Leccese. Il giorno precedente, si scoprì dalle carte, aveva ricevuto altri 10mila euro nascosti in un pacco di carne dall’altro imprenditore Donato Mottola. Nel frattempo è spuntata una terza tangente: i 35mila euro che un altro appaltatore, Antonio Illuzzi (finito ai domiciliari il 9 febbraio: ha fatto ricorso al Riesame), gli avrebbe dato nell’estate del 2021. E almeno un’altra ipotesi di corruzione compare nelle carte delle indagini ormai in fase conclusiva.

Eppure, sostiene Lerario, lui era un mister Wolf piuttosto che un collettore di tangenti. Un dirigente cui tutti scaricavano problemi. «L’unico scopo da me perseguito è sempre stato quello di risolvere i problemi di mia competenza, o comunque a me assegnati in assenza di altre strutture regionali che se ne occupassero, sempre urgenti (o rappresentati come tali) e sicuramente di interesse pubblico. Tutto quello che ho fatto, tutti i risultati riportati nella gestione della “cosa pubblica”, tutti gli atti proposti per la deliberazione, i disegni di legge, e le innovazioni apportate sono la testimonianza dell’esatto contrario di quanto mi si accusa»...

LEGGI IL RESTO DELL'INCHIESTA SULLA NOSTRA DIGITAL EDITION E SUL CARTACEO

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)