Due unità sanitarie operative a misura di donna, dove si dà completa attuazione alla legge 194/78. Con personale di alta specializzazione capace di accogliere senza giudicare quante arrivano in un momento di particolare fragilità, quale è quello di una gravidanza non voluta. I centri di Pianificazione familiare e Ivg dell’ospedale «San Paolo» e «Fallacara» di Triggiano sono due autentici fiori all’occhiello sul territorio.
«Avere nella stessa Asl due Unità del genere che lavorano in sinergia con le unità di ginecologia ma in ampia autonomia, è un segnale di grande attenzione nei confronti delle donne – spiega Paolo Volpe, direttore dell'Unità operativa di Medicina fetale e diagnosi prenatale dell'Asl di Bari -, a livello regionale è veramente un unicum. Teniamo presente che la Asl di Bari è la terza per grandezza in Italia, quindi lo sforzo che si fa è notevole: significa che si garantiscono alle donne due strutture di alta specializzazione. Non solo, fino a qualche anno fa le interruzioni di gravidanza, piuttosto che gli aborti spontanei, erano procedure che venivano svolte nei reparti di ginecologia con tutto quello che questo comportava come carico psicologico per donne che si trovavano al fianco di neomamme. Avere invece l’accesso in reparti specifici, significa più attenzione, cura, rispetto».
E al netto di problemi di personale che spesso con l’alibi dell’obiezione di coscienza sceglie di impegnarsi in altri reparti, al San Paolo e al Fallacara le due equipe lavorano a pieno regime.
«Nel 2024 abbiamo erogato 5128 prestazioni - spiega Marcella Lerro dirigente medico dell’Unità del San Paolo -, nei primi nove mesi del 2025 siamo già a quota 4818. Per le interruzioni volontarie di gravidanza nel 2024 ne abbiamo seguite 228 con procedura chirurgica e 550 farmacologiche. Nel 2025 siamo rispettivamente a 235 e 533. Poi ci sono le interruzioni terapeutiche, quelle oltre il terzo mese, magari per malformazioni del feto: sono state 85 lo scorso anno e già 76 quest’anno. Il tutto oltre al nostro impegno per la contraccezione».
Numeri solo di poco più piccoli al Fallacara per l’Unità diretta dalla dirigente medico Giulia Caradonna. «Nel 2024 abbiamo contato 748 interruzioni con procedura farmacologica – sottolinea la Caradonna -, 24 chirurgiche e 58 oltre il terzo mese. Nei primi nove mesi del 2025 siamo a complessivi 773 interventi ai quali aggiungere le donne che seguiamo per la contraccezione».
«Nella stragrande maggioranza le nostre pazienti arrivano su segnalazione dei consultori ai quali si sono rivolte come servizi di primo accesso – specifica la Caradonna -, poi c’è una parte che invece ci contatta come accesso diretto attraverso il nostro numero di telefono. Noi accogliamo tutte, abbiamo a disposizione anche l’aiuto di tre psicologi del vicino consultorio. Le donne vengono da noi a chiederci aiuto e poi restano anche dopo l’interruzione di gravidanza».
«E stiamo parlando di donne di tutte le estrazioni sociali ed età assolutamente varie – fa eco la Lerro -, tanto che sarebbe complesso tracciare un identikit specifico. Arrivano donne extracomunitarie vittime di tratta che hanno vissuto esperienze di violenza, madri che non vogliono un’altra gravidanza, ragazze alle prese con i loro primi rapporti sessuali. Questo significa per noi che le accogliamo, dover modulare per ogni caso un linguaggio che sappia metterle a loro agio, accompagnarle nell’elaborazione di una scelta che ancora oggi è vista come una colpa che ricade interamente sulla donna. Grazie alla bravura della nostra psicologa siamo riusciti ad intercettare casi di violenza, tanto per fare un esempio».
«Così come ci sono dei casi in cui ci si rende conto che la donna non ha scelto liberamente di interrompere la gravidanza, ma è spinta dal compagno o dalla famiglia. Siamo riuscite decodificare i segnali di aiuto e trovare delle alternative, sempre nel rispetto di una scelta che è deve essere esclusivamente femminile», conclude la Caradonna.
Circa un anno fa è stato avviato un progetto che puntava a potenziare le due Unità creando posti letto per la degenza di donne costrette all’aborto oltre i 90 giorni previsti dalla legge per le interruzioni volontarie. «Si tratta di un progetto che la direzione sanitaria della Asl Bari ha sposato dal primo momento che è stato presentato – espone Paolo Volpe – proprio per evitare a queste donne il trauma di dover accedere ai reparti di ginecologia e ostetricia al fianco di donne in stato di gravidanza o che hanno appena partorito. Purtroppo, molte di queste interruzioni avvengono perché dopo la 13 settimana, ai primi controlli, si scopre che il feto ha malformazioni importanti che possono o impedire l’avanzare della gravidanza o comprometterebbero pesantemente la qualità della vita del nascituro. Una notizia del genere è sempre un dramma per una donna e la sua famiglia. Ecco che l’idea di realizzare spazi di accoglienza nelle Unità di Pianificazione diventa un percorso meno doloroso. Abbiamo presentato un progetto con le dottoresse Lerro e Caradonna, c’è stata una delibera in tal senso da parte della Asl Bari questa estate, poi dei rallentamenti burocratici, ma ora si è tornati a lavoraci su. La mia speranza è che l’iter si concluda entro l’anno».
Questo porterebbe a creare una stanza con tre posti letto all’Unità del San Paolo, in aggiunta alle due stanze che già sono presenti al Di Venere. Certo, non basta creare gli spazi, si deve risolvere l’annosa questione del personale per strutture già in forte difficoltà, magari riuscendo a superare l’alibi dell’obiezione di coscienza, spesso solo una scusa da parte di chi (e purtroppo sono spesso altre donne) non vuole assumersi la responsabilità del benessere femminile.
















