Lunedì 10 Novembre 2025 | 08:49

Alan Lomax, memoria sonora del Sud

Alan Lomax, memoria sonora del Sud

 
(I. Rug.)

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(I. Rug.)

Alan Lomax, memoria sonora del Sud

Con lo sguardo del ricercatore, Morabito ricompone quel viaggio come un mosaico di voci e di gesti, restituendo la vibrazione di una memoria sonora che appartiene a tutti

Lunedì 10 Novembre 2025, 07:09

Lo scopo della ricerca è condividere, non solo prendere, registrare, bensì donare, consegnare, restituire. È questa urgenza a muovere il viaggio di Massimiliano Morabito tra memoria, musica e futuro. Un viaggio raccontato nel suo libro Alan Lomax - Un americano nella Valle dei Trulli che ripercorre l’avventura straordinaria del 1954, quando l’etnomusicologo americano Alan Lomax attraversò la Puglia con un registratore e una macchina fotografica, catturando suoni, volti e storie che raccontavano la verità di un popolo. Con lo sguardo del ricercatore, Morabito ricompone quel viaggio come un mosaico di voci e di gesti, restituendo la vibrazione di una memoria sonora che appartiene a tutti. In quelle registrazioni, nei canti della Valle d’Itria e nei volti di Locorotondo, si riflette l’anima di un’Italia rurale.

Com’è cambiata la ricerca dal tempo di Lomax?

«Il tempo passa inesorabile, il punto è questo: mi rendo conto che tra poco compirò 52 anni e cosa ho dato alla comunità dal punto di vista della scrittura? La storia la fa chi la scrive e così la ricordiamo, ed è per questo che dobbiamo riconsegnare questi materiali. Mentre lo studioso un tempo interpretava quello che aveva visto, dal momento in cui abbiamo introdotto lo strumento audiovisivo anche i fruitori di queste riprese video hanno la possibilità di accedere direttamente alla fonte primaria e questo aspetto diventa fondamentale perché si scongiurano le interpretazioni e si arriva al significato profondo di un rito. Mantenere in purezza l’oggetto della ricerca è fondamentale. Attualmente il mio archivio ha 27 anni di storia, in questi anni inevitabilmente ho sviluppato una mia lettura analitica e fa da filo conduttore mentre spero di non interpretare male i cantori che ho incontrato. Noto che oggi quando si trascrive in dialetto e poi si fa una traduzione letterale di un canto salentino, si perde il senso allegorico di un codice che utilizza determinate figure retoriche, metafore, storie, per dire quello che era vietato dalle regole di un tempo legato ai cicli della civiltà contadina». 

Mentre perdiamo gli ultimi testimoni, la memoria orale è salva?

«Quando faccio ricerca non posso prendere per vero quello che mi dice un persona, ma se ascolto tante storie posso trovare un rito condiviso, una consuetudine, una regola. Il problema principale è che nel 2025 la memoria orale non ha ancora quel valore che andrebbe riconosciuto. Perciò quello che dobbiamo fare è continuare a restituire valore e memoria, perché la memoria orale è il punto da cui ripartire. Se la Storia dimentica, il mondo ripete guerre, genocidi, anche se oggi chi sta al potere la memoria ce l’ha buona, ma prende quello che gli serve per far prevalere l’uno su tutti».

Cosa può fare per i suoi contemporanei un ricercatore?

«Il nostro vero potere è far prevalere un pericolo, un’urgenza, la possibilità di fare qualcosa attraverso i nostri canti, nel mio presente vedo che la musica folklorica sta diventando sempre più edulcorata, si sta riducendo tutto a un ascolto superficiale, la gente dimentica che in passato il canto raccontava quello che era proibito dalle regole quotidiane ed è questa la cosa che mi interessa di più: l’espressione in terza persona, perché non sono io che canto, semmai è il canto che parla per me, così trasmetto sentimenti incomunicabili come nei canti di protesta». 

Dov’è l’incipit?

«In ogni casa c’è una storia e un super eroe, quando sto giù di morale non ho una lira perché sono un ricercatore indipendente, faccio ricerca e guarisco, sto bene, la ricerca è vitale, è quotidiana, non inizia quando prendo il registratore, la curiosità mi porta a osservare, poi ovviamente ci sono i momenti importati e allora prendo un appuntamento per mettere per iscritto e filmare, fotografare queste perle, questi personaggi».

E Lomax lo sapeva, dobbiamo ripartire da Lomax? 

«Quando Lomax venne in Puglia con Carpitella, alla fine della sua ricerca perse le note di campo, tutti i suoi libretti, e ne fu scioccato, voleva farne un libro, restano tantissime bobine, 1312 fotografie e 1200 canti registrati in quasi tutta Italia, ancora oggi dopo 70 anni molti di questi canti sono inediti così come le foto custodite negli archivi. E quindi è iniziata una ricerca nella ricerca. Nel 2017, quando ho iniziato a lavorare a questo progetto, entrai in contatto con Anna Lomax e le spiegai che volevo cercare i suonatori che suo padre aveva ritratto, intendevo stampare quelle foto a mie spese e restituirle ai protagonisti della ricerca, così come i canti registrati. Con gioia lei mi inviò questi materiali e attraverso una specie di caccia al tesoro, con l’aiuto dei facilitatori, sono risalito alla sorgente di questa storia. E lì si è aperto un mondo, da quel momento ogni casa è stata una scoperta: c’è chi dopo tanto tempo ha così potuto riascoltare il canto del padre scomparso». (l. rug.)

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