Lunedì 15 Settembre 2025 | 23:28

Magico Satie: surreale e provocatorio

 
Livio Costarella

Reporter:

Livio Costarella

pianoforte

Lunedì 15 Settembre 2025, 20:16

«Satie ci è indispensabile, è stato un ponte cruciale verso la concezione di una musica aperta alla casualità, al silenzio e all’immersione nell’ambiente sonoro», scriveva John Cage, indicando con chiarezza quanto l’opera di Erik Satie continui a rappresentare un riferimento imprescindibile nella musica del Novecento e oltre. A cento anni dalla morte del compositore francese, avvenuta il 1° luglio 1925 ad Arcueil, la sua figura resta una delle più singolari e affascinanti della storia della musica.

Nato a Honfleur nel 1866, Satie visse a lungo a Parigi e poi ad Arcueil, conducendo un’esistenza segnata da eccentricità e povertà, ma anche da una fervida capacità di visione. Dopo studi contrastati al Conservatorio di Parigi, si fece strada nei cabaret di Montmartre come pianista, fino a elaborare un linguaggio personale, radicalmente diverso dalle mode dell’epoca. Le «Gymnopédies» (1888) e le «Gnossiennes» (dal 1890) restano esempi perfetti del suo stile: melodie sospese, modalità antiche, ritmi liberi, un’essenzialità che ha anticipato il minimalismo.

Il compositore francese fu autore di titoli surreali e provocatori - «Embryons desséchés», «Sonatine bureaucratique», «Véritables préludes flasques» - che rivelano la sua vena dadaista e anticonformista. Ma l’intuizione più dirompente fu forse la “musique d’ameublement”, la “musica d’arredamento” concepita per abitare lo spazio senza dominare l’ascolto: una definizione che Brian Eno, mezzo secolo dopo, riprenderà come fondamento della ambient music. Lo stesso Cage, con la sua attenzione al silenzio e alla casualità, riconobbe in lui un maestro precursore. E un brano come «Vexations» (1893), una pagina da ripetere 840 volte, ha fatto scuola nelle sperimentazioni di durata estrema, influenzando compositori come La Monte Young, Steve Reich e Philip Glass.

Amico di Debussy, in rapporto con Ravel, Satie fu anche protagonista della stagione parigina delle avanguardie, collaborando con Jean Cocteau e Pablo Picasso nel balletto «Parade» (1917). Nonostante i rapporti complessi con il mondo accademico, influenzò profondamente l’arte contemporanea: non solo musica, ma anche pittura, letteratura, teatro e cinema. Man Ray lo definì «l’unico musicista che aveva gli occhi». E la critica Ornella Volta, biografa che gli ha dedicato una vita di studi, lo ha descritto come «uno dei santi protettori dell’arte moderna, insieme a Duchamp».

Anche i dettagli della sua vita privata alimentano il mito: l’appartamento di Arcueil, ribattezzato “l’Armadio”, scoperto dopo la sua morte come un caos di oggetti, bigliettini e centinaia di ombrelli; o il suo gusto per aforismi fulminanti come «Che cos’è l’uomo? Una povera creatura messa su questa terra per dar fastidio agli altri uomini». Al tempo stesso, il rigore con cui annotava minuziosamente idee, aforismi e brevi partiture testimonia la disciplina nascosta dietro l’apparente eccentricità.

Oggi, a un secolo dalla scomparsa, la sua lezione continua a risuonare. Lo dimostra l’omaggio che il festival barese Time Zones - giunto al quarantennale - gli dedica con un’anteprima speciale: il 26 e 27 settembre nel Chiostro di Santa Chiara, nel cuore di Bari vecchia, si alterneranno quattro pianisti capaci di interpretare la sua eredità da prospettive diverse. Il 26 si esibiranno Andrea Missiroli, polistrumentista e compositore forlivese, e Arturo Stalteri, pianista romano noto anche come voce di Rai Radio 3. Sabato 27 toccherà invece a Riccardo Roveda, milanese classe 1990 che intreccia pianoforte ed elettronica, e a Marcus Grimm - alias del veneto Marco Crivellaro - affiancato dal violoncellista Federico Motta. Un percorso che proseguirà poi il 1° novembre al Teatro Rossini di Gioia del Colle con Roberto Re David e Alessandra Celletti.

Figure come Satie ricordano che la musica può essere lieve, fragile, quasi impalpabile, eppure dirompente nel suo modo di cambiare prospettiva. Nel silenzio, nella ripetizione, nell’ironia, continua a parlare al presente: ponte vivo tra passato e futuro, indispensabile come aveva intuito Cage, e oggi più che mai attuale.

Il pianeta degli interpreti

Per quanto non sia semplice sintetizzare delle proposte di ascolto ragionato della musica di Satie, il primo passo sicuro, per entrare nel suo mondo, è quello del grande Aldo Ciccolini: il suono limpido e affettuoso del pianista italo-francese, nelle storiche EMI (oggi Warner Classics), ha fissato uno standard poetico per Gymnopédies, Gnossiennes e i cicli umoristici. Jean-Yves Thibaudet, su Decca, firma poi un’integrale lucidissima e panoramica, con cura editoriale e timbri moderni. All’estremo opposto della tavolozza, Reinbert de Leeuw, per Philips, rallenta il tempo: letture ascetiche, lentissime, che mettono a fuoco la geometria nascosta delle pagine giovanili.

Tra le alternative “di carattere”, Pascal Rogé (Decca) offre un Satie elegante e terso, ideale per chi cerca una misura più classica. Anne Queffélec (Erato/Warner) coniuga ironia e grazia in programmi che accostano i titoli celebri a gemme meno note, incluso Sports et divertissements. Chi desidera un’“integrale d’epoca” può cercare invece France Clidat: la pianista parigina registrò l’opera completa per Forlane, divenendone interprete-bandiera. Per chi inizia oggi e vuole ampiezza a prezzo contenuto, è ottimo il cofanetto Brilliant Classics, con Jeroen van Veen (9 CD), dal tocco ipnotico e coerente, con inclusi anche i pezzi per quattro mani.

Quanto a ciò che va oltre il pianoforte, Parade rivive nelle letture orchestrali che includono anche le celebri trascrizioni debussiane delle Gymnopédies; scintillante, in tal senso, la selezione Warner diretta da Michel Plasson. Per la voce, Socrate trova un riferimento moderno nel disco di Barbara Hannigan con Reinbert de Leeuw (Winter & Winter), premiato da BBC Music Magazine e scelto da Gramophone come «Editor’s Choice». Chi è curioso della vena sacra può esplorare la Messe des pauvres nella tradizione corale con organo (storica la direzione di David Randolph). E se volete un Satie “totale”, tornate a Sports et divertissements: da Ciccolini a Thibaudet, molti ne hanno lasciato versioni esemplari, utili per cogliere la sua calligrafia musicale tra humour e ascetismo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)