Sabato 06 Settembre 2025 | 14:30

Affinità-divergenze tra i CCCP e noi

 
Nicola Morisco

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Nicola Morisco

CCCP in arrivo a Bari il 12 luglio: la Gazzetta ti porta al concerto

Il 12 luglio ritorno a Bari

Domenica 06 Luglio 2025, 19:12

“L’Ultima chiamata di una band che ha fatto della musica un’arma politica: i CCCP – Fedeli alla Linea. Il concerto della band emiliana, in esclusiva regionale sabato 12 alle 21, è il primo dei quattro concerti previsti dal Locus Festival alla Fiera del Levante di Bari. Dopo Giovanni Lindo Ferretti, Massimo Zamboni, Annarella Giudici e Danilo Fatur, a salire sul palco Nile Rodgers & Chic (giovedì 17), Brunori Sas (venerdì 18) e Nayt e Psicologi (sabato 19). CCCP Fedeli alla linea, sono un fenomeno musicale e politico italiano che ha avuto una eco mondiale. Nel panorama musicale italiano degli Anni ‘80, infatti, pochi gruppi hanno lasciato un segno così profondo, provocatorio e duraturo come il loro. Nati nel 1982 a Berlino Ovest dall’incontro tra Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni, i CCCP hanno rappresentato molto più di una band: sono stati un’esperienza estetica, ideologica e culturale capace di intrecciare musica, politica, teatro e controcultura. In un’Italia attraversata da crisi economiche, trasformazioni sociali e la fine degli “anni di piombo”, il gruppo ha saputo interpretare lo spirito del tempo con un linguaggio unico, in bilico tra nichilismo punk, ironia dissacrante e rigore ideologico. Mentre il punk esplodeva a Londra e a New York come urlo rabbioso contro l’establishment, in Italia trovava declinazioni originali.

I CCCP si inseriscono in questo scenario con una proposta inedita: un punk contaminato da sonorità mediorientali, melodie popolari, echi industriali e marcature elettroniche minimali, il tutto arricchito da testi che univano poesia, ideologia e ironia. Il loro nome, dichiaratamente provocatorio, evocava l’acronimo in caratteri cirillici dell’Unione Sovietica (Союз Советских Социалистических Республик), segnando da subito una forte connotazione ideologica, ma anche un gioco simbolico tra l’estetica sovietica e la realtà occidentale. La loro produzione è densa di slogan, citazioni, riferimenti filosofici e politici: dai testi di Pasolini alla cultura underground, dalla propaganda sovietica alla critica dell’omologazione capitalista. Con album come 1964-1985 Affinità-Divergenze fra il Compagno Togliatti e Noi - Del conseguimento della maggiore età, Socialismo e Barbarie ed Epica Etica Etnica Pathos, i CCCP si affermano come “musicisti militanti”, impegnati a scardinare le certezze di un pubblico anestetizzato dall’edonismo reaganiano e dalla televisione commerciale. L’estetica del gruppo, infatti, è parte integrante del messaggio.

Le loro performance dal vivo erano vere e proprie messe laiche, in cui si alternavano il Benemerito della Patria Fatur (un “artista del corpo” semi-nudo e surreale) e Annarella, la “soubrette” in camice da infermiera, tra simboli falce-e-martello, inni sovietici, e coreografie stranianti. Il gruppo si esibiva in fabbriche occupate, teatri alternativi, festival autogestiti, portando la loro critica radicale al cuore della società. Lontani dal punk urlato e immediato, i CCCP scelsero una via più sottile e inquietante: la provocazione simbolica, l’ambiguità ideologica, la teatralità del dissenso. Insomma, un progetto artistico dal contesto italiano, ma perfettamente inserito in una visione europea, peraltro ancora divisa dalla Cortina di ferro. Ferretti e Zamboni avevano vissuto la realtà della Berlino Ovest, un crocevia di tensioni culturali e politiche, e ciò si riflette nelle loro canzoni, spesso dedicate a luoghi simbolici dell’Est: da A ja ljublju SSSR a Morire, da Manifesto a Radio Kabul.

La loro fascinazione per il comunismo sovietico non era cieca adesione, ma desiderio di interrogare l’Occidente attraverso l’Altro, sfidando lo spettatore a riflettere su libertà, autorità, utopia e fallimento. Con l’Europa in trasformazione — la Perestrojka, il crollo del Muro di Berlino, la dissoluzione dell’URSS — i CCCP diventano testimoni e interpreti di un’epoca in frantumi. Nel 1990, il gruppo si scioglie, lasciando il posto ai CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti), più introspettivi, meno ideologici, ma sempre politicamente vigili. Nonostante cantassero in italiano e fossero radicati nella realtà politica locale, i CCCP hanno esercitato un’influenza che travalica confini e generazioni.

La loro capacità di fondere arte, musica e politica ha ispirato gruppi in tutta Europa, anticipando il ritorno dell’impegno nella musica alternativa. In un mondo globalizzato dove l’identità è diventata fluida e le ideologie sembrano frammentate, la parabola dei CCCP conserva una straordinaria attualità. Nel pieno revival degli Anni ‘80 e ‘90, la loro discografia viene riscoperta da nuovi pubblici, anche internazionali, attratti dal loro approccio radicale e dalla visione non convenzionale della realtà. Ferretti, oggi scrittore e voce solitaria, e Zamboni, impegnato in progetti di memoria e ricerca, continuano a testimoniare la vitalità di una stagione in cui musica e politica camminavano insieme, senza compromessi. I CCCP oggi tornano a essere un punto di riferimento per chi cerca un’arte che interroghi, destabilizzi, svegli. Se oggi la musica sembra spesso rifugiarsi nell’intrattenimento o nel disimpegno, i CCCP ricordano che il suono può ancora essere un’arma, una bandiera, una domanda scomoda.

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