BARI - Da un lato la richiesta di accelerare sul trasferimento di proprietà ai Comuni, dall’altro quella di chiedere una modifica del Testo unico sull’ambiente per arrivare alla proroga della concessione. Il Pd prova a cercare una posizione unitaria sull’Acquedotto Pugliese, ma tanto per cambiare le posizioni interne restano molto distanti tanto che si dovrà passare al confronto con i parlamentari e i consiglieri regionali sulla base di un documento di indirizzo.
Ieri si è insediato il gruppo di lavoro coordinato da Antonio Maniglio. Ne fanno parte il segretario regionale Marco Lacarra, il parlamentare Federico Massa, il consigliere regionale Fabiano Amati, oltre a Michelangelo Superbo e Anna Tamborrino (segretario cittadino di Bari). Le posizioni rilevanti sono quelle di Massa e Amati, il primo ideatore e sostenitore dell’affidamento in-house (che passa, appunto, per il trasferimento del 51% ai Comuni), il secondo alfiere della linea-Emiliano: proroga per legge della scadenza del 31 dicembre 2018 e, eventualmente, gestione interregionale del sistema idrico integrato.
«Sono convinto - dice Amati - che il Parlamento debba eliminare la data di scadenza del 2018 perché in Puglia è impensabile una gestione del servizio diversa da quella di Aqp, società detenuta direttamente dalla Regione. La gestione interregionale si scontra con la volontà delle altre Regioni, anche se è un’idea già contenuta in decreto legislativo del 1993: Andreatta, che lo propose, si rese conto due anni dopo che il provvedimento era stato disatteso».
«Auspico che il Pd costruisca una posizione - dice invece Massa - ma nell’immediato non c’è alcuna possibilità alternativa all’ingresso dei Comuni. È impossibile pensare che ci sia un adeguamento normativo rispetto a un assetto già solido, soprattutto nel contesto politico attuale. Il Milleproroghe? Il termine della concessione scade nella prossima legislatura, è impensabile prorogarlo adesso». Massa non chiude all’idea della gestione interregionale, però, dice, «è urgente mettere in sicurezza Aqp. Più si va avanti, più rischiamo di incrociare vicende complicate. L’attuale gestione presenta delle criticità, penso ad esempio ai depuratori: meno male che c’è il commissariamento del ministero dell’Ambiente».
A fare sintesi proverà Maniglio, che nei prossimi giorni dovrà predisporre il documento che sarà esaminato con i parlamentari e i consiglieri regionali. «Siamo di fronte - dice l’ex capogruppo Ds alla Regione - a due posizioni. Quella di Massa, più realistica, è legata alla situazione contingente, quella di Amati, più politica, prefigura sviluppi più ampi. Dobbiamo capire quale sia la strada percorribile, fermo restando che siamo tutti d’accordo sul fatto che non può che esserci una gestione pubblica».
Aqp dovrebbe nel frattempo ottenere la proroga tecnica di 12 mesi, per cui l’affidamento dovrebbe scadere a fine 2019. A situazione invariata, l’Autorità idrica pugliese (che raggruppa i Comuni) sarà costretta a mettere a gara il servizio, dunque con la possibilità che possa finire in mano ai privati. Eventualità che tutti si dicono intenzionati a evitare. Emiliano, alfiere dell’Acquedotto del Mezzogiorno, non dimentica il realismo: ha chiesto all’Aip di studiare le possibili modalità per l’ingresso dei Comuni nel capitale di Aqp, una sorta di «paracadute» rispetto al rischio della possibile privatizzazione. [m.s.]