di LEONARDO PETROCELLI
Dal regista Paolo Taviani agli attori Laura Morante, Elio Germano ed Ornella Muti, con capelli tinti azzurro e viola - protagonista di una piccola caduta - passando per lo sceneggiatore e Premio Strega 2014, Francesco Piccolo. Una sfilata più ricca ed affollata del solito ha impreziosito ieri il red carpet del Bari International Film Festival, regalando al pubblico una sesta giornata satura d’incontri e conversazioni. Nulla di grave per la Muti che è soltanto scivolata in platea al momento dell’arrivo.
Particolare curiosità, fra gli addetti ai lavori, ha destato, nel pomeriggio, l’incursione di Germano, approdato per la seconda volta al Bif&st, dopo la prima apparizione del 2014, per perorare la causa dell’Associazione Artisti 7607, la collecting da lui fondata insieme a numerosi e prestigiosi colleghi rilievo (da Claudio Santamaria a Neri Marcorè) e integralmente votata alla difesa dei diritti degli attori. Un’occasione preziosa, dunque, per parlare di un mestiere non sempre adeguatamente tutelato: «Siamo ormai da tempo impegnati – spiega Germano – in questa battaglia orizzontale e collettiva. Le leggi, in materia di tutele e retribuzioni, ci sono e vogliamo che siano rispettate. Per questo abbiamo deciso di unirci e ritornare a discutere insieme, come non accadeva da tempi ormai lontani».
Il riferimento è proprio agli anni di Marcello Mastroianni ed Ettore Scola al cui ricordo la kermesse barese è dedicata: «Guardo a quel periodo – riprende – come ad un momento di grande libertà. Oggi il cinema si valuta attraverso gli incassi ed è un metro che non amo. Anche perché, a proposito di soldi, mi viene in mente l’esempio del recentissimo successo del film Lo chiamavano Jeeg Robot di Mainetti: nessuno voleva finanziarlo e ora, vedrete, tutti lo copieranno. E questo è un altro problema: dobbiamo liberarci dalla tentazione di produrre continuamente dei cloni». L’ultimo passaggio, anch’esso di stretta attualità, è invece dedicato al referendum sulle trivellazioni del 17 aprile: «Invito gli italiani, soprattutto quelli che si lamentano – conclude Germano – ad andare a votare, indipendentemente dalla propria scelta. Io mi esprimerò per il sì, ma l’importante è utilizzare questo strumento di democrazia nella speranza che il governo, come al solito, non lo disattenda».
Di più stretta aderenza cinematografica, la conversazione pomeridiana di Onella Muti poi premiata al Petruzzelli con il Fellini Platinum Award quale «interprete - si legge nella motivazione – divenuta icona di fascino, bellezza e talento». Fortemente accorato il suo omaggio a Scola e Mastroianni: «Ettore - racconta - era una persona particolare, cinica e ironica, di cui avevo anche un po’ di timore. Marcello, invece, è sempre stato un uomo dolcissimo, bellissimo e straordinariamente calmo. Io, onestamente, lo ero molto meno». La serata, culminata con la proiezione dell’anteprima Taulardes di Audrey Estrougo, ha visto anche la consegna del riconoscimento «Luciano Vincenzoni» a Piccolo (da parte di Giuliano Montaldo) e Valia Santella per il film Mia madre di Nanni Moretti, premiato anch’egli ma assente alla cerimonia.
In mattinata, invece, fari puntati su Laura Morante - in conferenza stampa per presentare la pellicola L’età d’Oro di Emanuela Piovano (da ieri nelle sale) e attesa per la conversazione di domani al posto di Jacques Perrin - e su Paolo Taviani, protagonista, in compagnia della moglie Lina Nerli, ma non del fratello Paolo, della giornaliera Masterclass su Mastroianni. Ad accoglierlo, dopo la proiezione del suo Alonsanfàn (1968), una strofa dell’inno francese e una bandiera della pace srotolata sul palco del Politeama Petruzzelli. «Il cinema italiano non è in crisi – osserva –. Vedo molti attori di talento e molti grandi registi come Garrone e Sorrentino. Quindi dobbiamo essere ottimisti». Impossibile, per lui, non chiudere su Scola: «Sapete – ricorda Taviani con doloroso affetto - avrei voluto vedere ancora un suo film autobiografico. Ma non sarà possibile, mi ha fregato».