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Preside Medicina
minacciato dal clan
«Intimorito per un anno»

 
Donatella Lopez

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Donatella Lopez

Preside Medicina minacciato dal clan: «Intimorito per un anno»

Il presunto mandante, il prof. Covelli, smentisce: un'assurdità

Sabato 19 Marzo 2016, 11:54

17:31

Donatella Lopez
bari«È una cosa che mi ha fatto soffrire molto». Paolo Livrea, ex preside della facolta di Medicina dell’Università di Bari, è davvero ancora molto provato dall’aggressione di cui fu vittima al Policlinico di Bari ormai circa 11 anni fa. È un collaboratore di giustizia, Matteo Tulimiero, a essere determinante nel chiarire rapporti e dinamiche all’interno del «Clan Parisi» nell’ambito dell’inchiesta Do ut des che questa volta vede indagato per mafia anche il figlio del boss «Savinuccio», «Tommy il cantante», e a riportare agli onori della cronaca quella vicenda facendo nomi e cognomi del presunto mandante dell’aggressione: Vito Covelli, un collega del professore che avrebbe agito perché ostacolato nella carriera da Livrea.

«Dei due aggressori che entrarono nella mia stanza - ricorda Livrea -, uno fu assolto per insufficienza di prove e l’altro finì successivamente vittima di un agguato, ucciso per strada». Due uomini ai quali fu possibile risalire dalle impronte digitali in quanto furono costretti ad abbandonare l’auto, con cui avevano raggiunto il padiglione di Neurologia all’ospedale Policlinco di Bari, per un problema al motore.

«Allo stato attuale non ci sono altri rinvii a giudizio. Se La Gazzetta ieri ne ha scritto ancora devono esserci delle indicazioni», commenta Livrea. All’epoca ciò che fu subito chiaro alla Polizia è che l’aggressione era stata compiuta da persone addestrate a picchiare. «C’era un clima molto difficile – ricorda l’ex preside di Medicina – un periodo pieno di tensioni per problemi interni. C’era una questione edilizia dentro al padiglione neurologico molto controversa. E poi, effettivamente, c’era un ipotesi di trasferimento Napoli-Bari: Che ci fosse qualcuno interessato corrisponde al vero».

Ma è possibile che nel mondo medico e universitario si arrivi a commissionare un’aggressione per problemi relativi a un trasferimento? «Qualora risultasse vero – risponde Livrea – rappresenterebbe un aspetto estremo, marginale, del tutto fuori campo, in linea generale, da quello che avviene in termini di competitività all’interno di una istituzione universitaria o sanitaria in generale. Siamo fuori scala, onestamente. Non ho incontrato in ambito professionale altre esperienze simili. La considero una negativa eccezione, ma non la regola. Fu una cosa orrenda anche per il contesto in cui avvenne. Davanti alla mia stanza c’erano pazienti della clinica, decine di persone – racconta ancora l’ex preside - la sera dell’aggressione -. E con me due medici. Un’aggressione fatta con una tale protervia che chiaramente voleva essere l’elemento dimostrativo: “Qua comandiamo noi e tu non conti niente”, il messaggio che si voleva dare. Poi nel primo anno successivo all’accaduto, è accaduto che una notte ignoti sono entrati dal giardino e, con una scala, nella mia stanza, ma sono usciti lasciando le porte aperte e senza toccare nulla come a dire: “Noi qua entriamo quando vogliamo”. Un’altra volta bussarono alla porta del reparto di Neurologia, verso le due di notte, dicendo: “Dov’è il professore Livrea?” Ma poi ho avuto gomme bucate, il vetro dell’auto spaccato con una pietra che ho trovato dentro l’abitacolo. Per un anno e mezzo ci sono stati strascichi di persecuzione».


Sulla vicenda dice la sua Vito Covelli, lo specialista tirato in ballo dal collaboratore di giustizia, che lo accuserebbe di essere il mandante dell’aggressione per il tramite di Cosimo Fortunato. Quest’ultimo, ritenuto dagli inquiirenti vicino al clan Parisi, si sarebbe servito di medici compiacenti e dei loro certificati per evitare il regime carcerario. «E’ assolutamente infondato quanto si dice – tuona Covelli – e privo di qualunque riscontro possibile per il semplice motivo che io, nel 2005 (l’anno in cui si verificò l’aggressione ndr.) ero già direttore di struttura complessa a Bari avendo preso servizio in tale sede nel 1999. Quanto al resto, io ho fatto i miei concorsi universitari a Napoli nel ’94. Non ho mai chiesto aiuto o sostegni al professor Livrea. Quindi, questa è una ulteriore indicazione priva di fondamento».

Riguardo alle accuse d’essere stato il mandante dell’aggressione a Livrea, Covelli proprio non ci sta: «Mi sembra semplicemente assurdo e privo di ogni logica». Rispetto alle certificazioni per favorire esponenti del clan Parisi e a possibili errori nelle diagnosi Covelli chiosa: «Le norme dettate dall’etica e dalla coscienza hanno sempre guidato le mie valutazioni. Quanto ai certificati, corrispondevano al reale stato di salute dei pazienti. E non ritengo di avere mai sbagliato diagnosi. E poi c’erano certificati di illustri clinici, di tutta Italia, precedenti ai miei da oltre 20 anni».

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