BARI - Un record che non si registrava dal 2004 e che arriva un po’ a sorpresa, viste le preoccupazioni sul quadro generale dell’economia italiana. A marzo gli occupati nel Paese sono aumentati di 81mila unità rispetto a febbraio e di ben 804mila su marzo 2021. L’Istat rivela anche che il tasso di occupazione sale al 59,9% (+0,3 punti), al livello più alto dal 2004, l’inizio delle serie storiche.
Ma i dati, di per sé positivi, non spingono tutti a fare salti di gioia. In attesa dei dati pugliesi, sia Confindustria che i sindacati regionali restano molto cauti: perché la metà dei nuovi posti sono a termine e perché la Puglia è alle prese con numerose crisi aziendali.
Confrontando il primo trimestre 2022 con quello precedente si registra un aumento del livello di occupazione pari allo 0,6%, per un totale di 133mila occupati in più.
Gli occupati tornano sopra i 23 milioni, 23.040.000. Rispetto a febbraio ci sono 103mila dipendenti permanenti in più.
Dall’inizio del 2022 - osserva l’Istat - si registrano 170mila occupati in più. L’aumento dell’occupazione a marzo sul mese (+0,4%, pari a +81mila unità) coinvolge le donne (+85mila), i dipendenti e le persone con più di 24 anni di età. Rimane sostanzialmente stabile tra gli uomini (-4mila) mentre diminuisce tra gli autonomi e i più giovani (15-24 anni).
Il calo del numero di persone in cerca di lavoro (-2,3%, pari a -48mila unità rispetto a febbraio) si osserva per le donne e nelle classi d’età centrali. Il tasso di disoccupazione scende all’8,3% nel complesso (-0,2 punti) e sale al 24,5% tra i giovani (+0,3 punti). I disoccupati sono 2 milioni 74mila.
Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni diminuisce (-72mila unità) per gli uomini, le donne e per tutte le classi di età. Il tasso di inattività scende al 34,5% (-0,2 punti). Rispetto a marzo 2021 gli inattivi diminuiscono di 747mila unità.
Il tasso di disoccupazione a marzo scende all'8,3% grazie al calo di quello femminile (al 9,2 con -0,6 punti) mentre quello maschile sale di 0,1 punti al 7,6%. Per le donne nel mese ci sono 984mila disoccupate con 63mila unità in meno su febbraio e 203mila in meno su marzo 2021. I disoccupati uomini a marzo erano 1.089.000, 15mila in più su febbraio e 209mila in meno su marzo 2021.
i commenti pugliesi Ma non è tutto oro ciò che luccica, avvertono Confindustria e i sindacati regionali. «Le percentuali pugliesi si assestano su altri numeri», taglia corto il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana. «Il mondo del lavoro è molto più instabile con un alto tasso di precarietà. Il punto dolente - fa notare - è la persistente disoccupazione femminile e giovanile, tra le più elevate in Europa. In maggiore difficoltà sono proprio le più giovani, nella fascia d'età tra i 25 e i 34 anni, sebbene spesso conseguano un livello di istruzione superiore a quello degli uomini. Le popolazioni lavorative già deboli si sono indebolite di più e stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi. C’è anche un problema di competenze. Abbiamo necessità di investire in formazione. Si soffre tantissimo del disallineamento tra competenze e fabbisogni delle imprese. Gli imprenditori in molti casi si trovano in condizioni di non trovare figure professionali adeguate e risorse disponibili a ricoprire ruoli di responsabilità. Nello stesso tempo - aggiunge Fontana - c’è un alto numero di persone che ha perso il lavoro e per riconvertirsi dovrà seguire percorsi di formazione per rafforzare le proprie competenze. Un problema, specie nel Mezzogiorno. «Anche per poter colmare questo gap - ricorda Fontana - al ministro per il Sud Mara Carfagna abbiamo chiesto che per le regioni del Mezzogiorno la decontribuzione del 30% non sia solo prorogata, ma diventi una misura stabile di sostegno all’occupazione. La fiscalità di vantaggio premia chi lavora, come le aziende, e non chi vive di sola assistenza approfittando del Reddito di Cittadinanza. Renderla strutturale è la vera priorità per aiutare la ripresa del Mezzogiorno».
La Cgil Puglia non fa salti di gioia. «Mentre reclamiamo investimenti in grado di determinare sviluppo e assieme buona occupazione - è l’analisi del segretario generale Pino Gesmundo - mentre tiene banco il tema dei bassi salari, il dato che emerge dalla rilevazione Istat è la continua crescita dei rapporti precari. Degli 804mila posti in più di marzo 2022 rispetto a un anno fa - sottolinea - 403mila sono a termine e 62mila autonomi. Il numero dei rapporti a termine tocca quota 3 milioni e 150mila, il valore più alto dal 1977. E non è meno rilevante il 34,5% di inattivi, ovvero chi è disponibile a lavorare ma non cerca occupazione attivamente, magari perché sfiduciato proprio dal dilagante precariato e dai bassi salari». Gesmundo auspica un cambio di passo, specie per il futuro del Sud: «In uno scenario di ripresa inflattiva, si pone anche la questione di un rischio di crollo della domanda interna. Non è così, con questo lavoro, con questi redditi, che possono crescere l’Italia e soprattutto le regioni del Mezzogiorno».
Invita al realismo il segretario generale della Cisl Puglia, Antonio Castellucci, che ricorda l’effetto deleterio dell’inflazione sui redditi: «Al di là del dato nazionale, nella nostra regione molto sarà condizionato dalla crisi di diversi comparti produttivi che costituiscono i punti di forza dell’industria pugliese e da come riusciremo ad ottimizzare le opportunità del Pnrr. Siamo fiduciosi, ma nello stesso tempo occorre essere anche realisti, per programmare al meglio il rilancio dello sviluppo economico e sociale della Puglia a partire dalle sue grandi potenzialità legate anche alla sua strategica posizione nel Mediterraneo». Castellucci ricorda che «occorre lavoro stabile, sicuro e ben retribuito». E investimenti per consentire riqualificazione e acquisizione di nuove competenze anche per cogliere le nuove opportunità del mercato del lavoro. «Bisogna puntare - rimarca - a una occupazione aggiuntiva soprattutto per donne e giovani con le risorse del Pnrr e con quelle della nuova programmazione, con coesione e concertazione. In due parole con quel patto sociale che chiediamo da tempo».
E invita a «evitare toni trionfalistici, a ogni livello» anche Franco Busto, segretario generale della Uil Puglia. «La stragrande maggioranza dei nuovi posti di lavoro, oltre l’80%, è precario o comunque a tempo determinato - afferma - mentre la fuga di cervelli all’estero non si è arenata. E non va dimenticato il fenomeno, allarmante, dell’aumento degli infortuni nei luoghi di lavoro, più della metà rispetto all’anno scorso quelli non mortali e +2% quelli con vittime». Busto condanna la tendenza: «Ciò significa che si sta creando lavoro insicuro, in tutti i sensi, un trend che non possiamo accettare e che, alla lunga, favorirà solo la corsa al profitto a tutti i costi e non un tessuto occupazionale sano e condizioni di lavoro migliori. Le istituzioni - è l’appello - si confrontino con il sindacato, specie ora che bisognerà spendere le risorse del Pnrr, affinché vengano utilizzate per costruire una crescita importante, ma sostenibile e rispettosa dei diritti dei lavoratori».