Francesco Paolo Sisto, deputato di Forza Italia e sottosegretario alla Giustizia, iniziamo dal caso del giorno: il Parco della Giustizia di Bari. Che succede?
«La questione è molto semplice: l’edilizia giudiziaria barese, al centro di una delle vicende più drammatiche degli ultimi anni, è fuori dal Recovery Plan. L’ho scoperto con mia grande sorpresa dopo essermi documentato sullo stato dell’arte».
Ma perché è fuori?
«Il cronoprogramma stilato, peraltro correttamente, dall’Agenzia del Demanio reca la data del 2028 per il primo lotto. E questa indicazione è incompatibile con quella del Recovery che si chiude nel 2026. È un dato di fatto».
Decaro, a proposito delle sue osservazioni, ha parlato di «teatrino della politica».
«E mi dispiace perché, ripeto, l’intento non è la polemica. Le tende che tutti ricordiamo sono una macchia nella storia della nostra città che proveremo a cancellare. Ma è giusto che proprio la città sappia quello che è accaduto e quello che accadrà».
Ecco, appunto, cosa accadrà? C’è un modo per uscire dall’imbuto?
«Non si può intervenire sulla gara, bloccata da regole europee. Ciò che potrebbe essere utile, ai sensi di una norma dello Sblocca-cantieri, è l’individuazione di commissari che possano abbreviare le procedure amministrative e ottenere così la consegna del primo lotto nel 2026, facendo rientrare Bari nel Recovery. È una possibilità dall’esito incerto, ci proveremo anche se il tempo non è molto».
Sottosegretario, proviamo ad allargare lo sguardo. Cosa sta cambiando nel governo della Giustizia?
«La ministra Marta Cartabia ha già introdotto novità notevolissime dal punto di vista del metodo come dimostrato dal vertice dell’altro giorno con i capigruppo della maggioranza nelle Commissioni Giustizia di Camera e Senato. Volendo riassumere, le direttrici principali sono due».
La prima?
«Il dialogo, un metodo assolutamente nuovo per un Parlamento che ha subito tutti i provvedimenti del governo precedente senza poterli nemmeno discutere. Con il sistema della fiducia tutto si è risolto in una serie ininterrotta di colpi di maglio. Rispetto a quanto accaduto finora, il dialogo è davvero roba da fantascienza».
Andiamo avanti. Cos’altro?
«La certezza dei tempi. L’esistente sarà emendato senza azzerare nulla ma considerando ciò che è stato già fatto per migliorarlo in base alle diverse sensibilità. Entro il 30 aprile saranno presentati gli emendamenti e poi, a luglio, si punterà a chiudere le riforme».
C’è un problema anche di «come». Quale strumento sarà adottato nel nuovo corso?
«Altra novità essenziale, non sono in programma decreti legge, bensì leggi delega perché affermando i principi diventa poi più agevole trarre gli atti normativi. Queste riforme, già in discussione presso le Commissioni, saranno discusse in Aula con un approccio che si potrebbe definire parlamentare “a tutto campo”. E quindi delega civile, delega penale, riforma dell’ordinamento giudiziario».
Uno dei nodi più spinosi, resta quello della prescrizione. Qui come si fa a conciliare le diverse sensibilità?
«La prescrizione va modificata all’interno della intera delega penale. Non è e non deve essere una bandierina, né in un senso né in un altro. Una ministra come Marta Cartabia alza il livello della discussione perché sa cosa sono giustizia, diritto e relative tecnologie. In tal modo i pregiudizi si afflosciano naturalmente. E questo potrebbe essere davvero il segnale significativo di un New Deal Giudiziario».
Bisognerà comunque misurarsi con alcune emergenze piuttosto gravi. I soldi del Recovery che possibilità offrono alla Giustizia?
«Innanzitutto, il potenziamento del personale degli uffici del processo, destinati ad assistere il giudice nell’istruttoria delle sue decisioni. Poi la digitalizzazione per migliorare rapidità ed efficienza. E, infine, la questione della carceri che non è un tema di pura edilizia ma ha, in realtà, un prospetto più ampio. Non casualmente si parla di Commissione Architettura. Come ha chiarito la ministra il punto non è solo custodire ma anche e soprattutto rieducare, in linea con l’art. 27 della Costituzione».
Alla fine, sottosegretario, sembra parecchio ottimista. Ma, al momento delle nomine, il clima generale era un altro. Si disse che sarebbe stato impossibile per lei, sottosegretario di Forza Italia e per la sua collega Anna Macina del M5S, convivere pacificamente. Alla prova dei fatti che clima si respira?
«Con la collega Macina ho un rapporto splendido e cordialissimo. Il fatto di avere idee diverse non è un ostacolo al confronto. Anzi. Qui nessuno digrigna i denti. Spesso qualcuno si fa dei film smentiti dalla trama della realtà».