Da 48 ore non ci sono più posti di area medica disponibili per i ricoveri covid negli ospedali del Barese. Una situazione di vera emergenza, dovuta alla contingenza di situazioni non prevedibili, che sta creando non poche difficoltà: i pazienti che dopo il triage hanno bisogno di un letto vengono trasferiti anche nelle altre province, soprattutto Taranto e Lecce.
Giovedì il Policlinico di Bari (ufficialmente l’unico ospedale covid della provincia) ha dovuto avviare la disattivazione del padiglione «Chini», quello dove si sono registrati alcuni casi di legionella, per eseguire un intervento straordinario di risanamento sulla rete idrica dell’edificio.
Il risultato è che 100 posti letto di area medica (medicina interna, ematologia, endocrinologia, reumatologia e allergologia) dovranno essere momentaneamente allocati in altri ospedali tra quelli della Asl e l’Oncologico. Ma la stessa Asl tre giorni fa aveva disposto la sospensione dei ricoveri di medicina interna e lungodegenza all’ospedale di Altamura, per trasformare l’intero sesto piano in area covid. Il risultato è un collo di bottiglia che i tecnici di Asl e Policlinico, insieme ai vertici della Regione, stanno cercando di risolvere.
La valvola di sfogo è il Miulli di Acquaviva, dove da lunedì sono arrivati una ventina di pazienti di area medica ed entro martedì-mercoledì dovrebbero essere disponibili 100 posti (20 di terapia intensiva, 40 di Malattie infettive e altrettanti di Pneumologia). Il Miulli non fa ufficialmente parte della rete covid, ma rientra in virtù della collaborazione consolidata con la Asl per evitare quanto successo l’altroieri, quando un paziente è rimasto per 36 ore nel pronto soccorso di Putignano in attesa che saltasse fuori un letto.
La Regione ha chiesto dunque la collaborazione del Miulli (e di Casa Sollievo della Sofferenza, che dovrebbe garantire altri 100 posti) pur senza sciogliere il nodo della partecipazione alla rete, rilevando - in una lettera a firma del capo dipartimento Vito Montanaro - che «i focolai attivi sono in aumento per la decima settimana consecutiva in ambito domiciliare e scolastico, mentre scendono in termini percentuali in ambito ricreativo rispetto alla settimana precedente», e che «continua ad aumentare il numero di nuovi casi fuori dalle catene di trasmissione» per cui è necessario «fronteggiare l’incremento in progressione geometrica dei servizi assistenziali, con riferimento ai ricoveri in reparti per acuti ed in particolare ai ricoveri in reparti di Terapia intensiva». È possibile che venga coinvolta anche la Mater Dei e che si utilizzi anche l’ospedale di Bisceglie.
Eppure il Policlinico sulla carta avrebbe i posti letto necessari, ma fa resistenza rispetto al modello del «covid hospital»: questo approccio - come visto durante il lockdown - comporta la disattivazione delle attività ordinarie (compresa l’intra-moenia dei medici): è questo - spiegano fonti sanitarie - il motivo per cui non sono stati riattivati i reparti covid già esistenti all’interno di Asclepios, che è il polo chirurgico di eccellenza. E questo è il principale motivo della carenza di letti sul territorio della provincia.
Anche ieri il governatore Emiliano, che da venerdì scorso (si veda intervista a lato) è commissario delegato per gli interventi di potenziamento degli ospedali, ha riunito i manager delle Asl per fare il punto della situazione. Pur nella criticità del momento, la linea è di mantenere il sangue freddo: «Non vedo il sistema sanitario in una situazione di difficoltà - ha detto ieri il presidente della Regione - è un po’ in affanno come è normale che sia perché sta giocando una partita che è come la finale di Coppa del mondo. Oggi in Puglia ci sono 345 ricoverati e solo 23 in terapia intensiva, abbiamo un problema legato alla gestione dei tamponi e la trasmissione delle informazioni conseguenti». Emiliano ha però riconosciuto che la situazione si avvia a diventare seria: «Mi sembra di capire che in scienza, superato un certo numero di contagi, il tracciamento non sia più possibile e si passa a singoli lockdown, parziali o totali».
PRECISAZIONE DEL POLICLINICO - Il padiglione Chini è regolarmente aperto e operativo. Lo comunica in una nota il Policlinico di Bari. Il piano di messa in sicurezza delle acque studiato insieme all’Istituto superiore di sanità e iniziato il 20 settembre dalla clinica “Frugoni” sarà esteso solo nelle prossime settimane all’intero edificio. Sono ancora in corso di valutazione da parte della direzione strategica del Policlinico diverse ipotesi di riallocazione delle degenze.
IL NUOVO PIANO OSPEDALI È PARTITO VENERDI' SCORSO - «Abbiamo il virus che circola e che produce soprattutto asintomatici, ma tassi di contagio alti a Bari, nei rioni popolari, non sono preoccupanti. Però la situazione comincia a farci tenere alta la guardia». Vito Montanaro, capo del dipartimento Salute della Regione, garantisce che la situazione è sotto controllo, pur confermando che l’attuazione del nuovo Piano ospedali è partita solo in questi giorni. «Il piano è già in atto. Venerdì Emiliano è stato delegato dal commissario Arcuri e ha delegato i direttori delle Asl. Stamattina (ieri, ndr) abbiamo avuto una riunione con gli uffici tecnici delle Asl per verificare lo stato dei lavori: parliamo di 75 cantieri in totale. Abbiamo aspettato l’ok di Arcuri, come da sue indicazioni. I tempi di attivazione dipendono dai cantieri ma sono rapidi, perché - faccio un esempio - i 4 nuovi posti letto di Terapia intensiva a Putignano richiedono due o tre mesi».
In questo momento due o tre mesi sono un’eternità.
«Certo. Ma l’idea in questo momento è che quei posti non siano direttamente utilizzabili per il covid. L’idea è di attrezzare gli ospedali di base così da spostare lì l’attività non covid».
Che fine hanno fatto i tre ospedali covid previsti dal piano?
«È una impostazione che il ministero della Salute non ha accettato. Per esempio avevamo proposto San Cesareo, invece ora nella rete ci sono Galatina - dove c’è Malattie infettive e abbiamo attivato posti di Terapia intensiva - e il Dea di Lecce che può essere usato come abbiamo fatto nella prima fase: ieri sera (giovedì, ndr) ho chiesto al direttore generale della Asl di ripartire perché il numero di ricoveri comincia ad aumentare».
E poi c’è la situazione di Bari, che preoccupa non poco gli addetti ai lavori.
«Stiamo lavorando per avere un ospedale aggiuntivo. Il Miulli ci darà altri 100 posti letto. Per ora non coinvolgiamo la sanità privata, almeno fino a quando non sarà necessario. Ma per allora probabilmente saremo arrivati al blocco della attività ordinaria perché i contagi saranno arrivati a numeri enormi».
Scusi, ma non potevate pensarci prima?
«Ci troviamo tra una recrudescenza del covid molto anticipata rispetto alle previsioni e l’attuazione del piano che è iniziata venerdì scorso. Se nel frattempo c’è bisogno di ulteriori posti aggiuntivi per contrastare la circolazione del virus, questi dovranno essere aggiuntivi rispetto a quelli previsti nel Piano. Sono gli stessi problemi che sta avendo tutta l’Italia. Certo non potevamo sapere che il padiglione Chini del Policlinico doveva essere disattivato per problemi alle montanti dell’acqua. La Asl di Bari può assolvere al fabbisogno».
Che state facendo per i tamponi rapidi?
«Venerdì scorso Asl Bari e Bat hanno depositato relazioni positive sulla sperimentazione. La Protezione civile sta provvedendo agli acquisti, attendiamo le consegne. Per ora ne facciamo qualche centinaio al giorno, ma è uno strumento potentissimo: in due ore con tre infermieri possiamo screenare 60 persone»