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Il Caso
massimiliano scagliarini
15 Luglio 2020
BARI - Stavano cercando un latitante per reati comuni, invece sono incappati in una ex magistrata rumena che ora attenderà in Puglia l’esito della richiesta di esatradizione. Ma ci sarà battaglia. Venerdì mattina gli uomini della Questura di Bari hanno rintracciato ad Altamura Alina Mihaela Bica, 46 anni, fino al 2014 capo della Procura rumena per la criminalità organizzata e il terrorismo. Contro di lei c’è un mandato di arresto europeo: una condanna definitiva a quattro anni per favoreggiamento, in un delicatissimo caso internazionale che secondo alcuni osservatori indipendenti presenterebbe qualche criticità.
Bica è stata portata nel carcere di Trani. Ma già lunedì la Corte d’Appello di Bari le ha concesso di attendere ai domiciliari la decisione sull’eventuale consegna alla Romania, dopo che il ministero della Giustizia trasmetterà la sentenza originale e una relazione sui fatti addebitati alla donna che, fino a sei anni fa, era a capo dell’equivalente della nostra Direzione nazionale antimafia: è stata sospesa a novembre 2014 dopo essere stata arrestata in un procedimento poi concluso con l’assoluzione. Bica ha lasciato definitivamente la Romania nell’estate 2018 prima che la sentenza di primo grado emessa nel 2016 diventasse definitiva: approdata in Costa Rica, era finita in carcere salvo poi chiedere asilo politico e ottenere la sospensione dell’esecuzione della pena. Contro la procuratrice sono stati aperti tre procedimenti penali, per corruzione, abuso d’ufficio, e per aver aiutato a sfuggire dalle indagini l’ex ministro dell’Economia rumeno, Adriean Videanu, e l’imprenditore Ovidiu Tender. Bica è stata assolta dalle accuse di abuso d’ufficio e corruzione ma condannata per il favoreggiamento di Tender, a sua volta poi assolto dalle imputazioni originarie.
Da circa un anno Bica vive in Italia, dove ha trovato lavoro come consulente legale per alcune aziende del Bresciano. Poco prima del lockdown la donna si è trasferita ad Altamura, dove vive e lavora il suo compagno: è qui che aveva dichiarato il domicilio ed è qui che la Polizia l’ha rintracciata. La procuratrice è comparsa lunedì mattina davanti ai giudici della Terza sezione penale, dove il pg Giannicola Sinisi aveva chiesto la conferma della detenzione in carcere. «Le accuse contro di me sono strumentali - ha detto in italiano Bica -, non ho commesso alcun reato e ho presentato un nuovo ricorso davanti all’Alta Corte rumena.
La condanna si basa su una interpretazione molto particolare della legge, su cui c’era forte disaccordo tra i giudici. Non sto scappando ma non voglio tornare in Romania, e se la pena verrà confermata chiederò di scontarla qui in Italia: in Romania c’è solo un penitenziario per le donne e più della metà delle detenute sono state condannate in base a indagini del mio ufficio. Sono una persona istruita, conosco la legge e non posso andare in carcere: ho bisogno di confrontarmi con il mio avvocato per studiare la strategia di difesa».
I giudici (presidente Giovanni Mattencini) hanno valorizzato proprio il fatto che bica risulta avere sia un domicilio che una occupazione stabile in Italia. «La dottoressa Bica vuole difendersi nel merito delle accuse - dice il suo avvocato, Cristian Di Giusto di Bari - su cui dovrà nuovamente pronunciarsi l’Alta corte di giustizia rumena, e chiederà la revisione del processo ed eventualmente anche un ricorso alla Cedu che già si è occupata del caso». La Romania è stata spesso sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per le mancate riforme dell’ordinamento giudiziario imposte al momento dell’ingresso nell’Unione europea: la giustizia è ritenuta ancora troppo dipendente dal potere esecutivo, e alcuni osservatori indipendenti hanno raccomandato agli Stati membri una moratoria delle estradizioni in Romania fino al superamento delle criticità.
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