Bari - Il sistema dei trasporti pubblici pugliesi oggi lavora a ranghi ridotti (le percorrenze sono state tagliate di circa il 50%). E la riorganizzazione per il «dopo» non può che attendere: dovrà tenere conto di ciò che decideranno il mondo del lavoro e quello della scuola. Perché è da quello che dipenderanno la nuova programmazione e le nuove regole che i pendolari dovranno prepararsi a osservare. «Il tpl è un servizio - dice l’assessore regionale ai Trasporti, Gianni Giannini - e cambierà insieme all’organizzazione sociale del Paese. Ma già possiamo dire che nulla sarà più come prima».
È ormai chiaro che la capacità di trasporto non è una variabile indipendente. Detto in altri termini: non è possibile aumentare il numero delle corse (o la capacità dei mezzi) perché non ci sono risorse economiche sufficienti. In questo momento il trasporto pubblico in Puglia produce ogni giorno 95mila km su gomma (pari al 51% del programma intero) e 10.700 km al giorno su ferro (48%), avendo mantenuto solo i servizi nelle fasce pendolari e senza informazioni sul numero dei passeggeri perché spetta ai concessionari raccoglierli e trasmetterli (non lo hanno fatto). Questo ha comportato anche pesanti ripercussioni a livello occupazionale: molti operatori hanno infatti attivato la cassa integrazione, con la Puglia che ha fatto pressing sul governo per ottenere la copertura anche per il mondo dei trasporti.
Ma cosa accadrà quando si dovrà riaprire? «Noi - dice Giannini - dovremo aspettare le linee guida del governo, perché tutto andrà concertato con i sindacati, i ministeri e la Confindustria. In conferenza Stato-Regioni è stato formato un gruppo tecnico che ha il compito di predisporre alcune proposte. Ma non essendo possibile aumentare le corse, è evidente che il trasporto pubblico dovrà mettersi al servizio di una nuova organizzazione sociale per continuare a garantire la mobilità sulla base di criteri o principi diversi. Ovvero una diversificazione degli orari di funzionamento delle città, degli uffici e delle scuole che non potranno più essere sovrapposti».
L’idea insomma è che la mattina non si esca più tutti insieme, che gli uffici aprano (poniamo) alle 7, le scuole alle 8,30, i negozi alle 10 in modo che la domanda di mobilità venga scaglionata insieme al carico sul sistema dei trasporti: le consegne ai negozi - ad esempio - andranno fatte prima o dopo, ma non nell’ora di punta. «Torniamo - dice Giannini - al dibattito di alcuni anni fa, quello sul Piano dei tempi delle città. Il problema non è di facile soluzione ma rappresenta comunque una opportunità per migliorare la qualità della vita, perché alla fine il risultato sarà il decongestionamento del traffico». La reazione dei cittadini sarà di preferire l’auto privata, ma l’obiettivo della Regione sarà l’incentivazione del mezzo pubblico: «Si potrà fare - secondo Giannini - prevedendo semafori intelligenti e corsie preferenziali per rendere fluido il traffico».
Con le scuole che riapriranno solo a settembre, quello che avverrà a maggio potrebbe essere solo una prova generale. L’uso del mezzo pubblico potrebbe richiedere la mascherina obbligatoria: se non lo stabilirà il governo, potrebbe farlo la Regione sulla base delle valutazioni epidemiologiche (al momento non è detto che sia necessario). Probabilmente servirà una revisione del Piano dei trasporti, oltre che dei programmi di esercizio: se l’obiettivo è evitare l’affollamento dei mezzi a parità di numero di corse, sarà necessario un miglior utilizzo di tutte le relazioni delle ore non di punta.