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Coronavirus, prostitute rimaste «senza lavoro»

 
marisa ingrosso

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marisa ingrosso

Coronavirus, prostitute rimaste «senza lavoro»

Per continuare ad aiutare trans e giovani d’ogni Paese, le Associazioni stanno tentando di mantenere i contatti via telefono

Giovedì 19 Marzo 2020, 12:33

Un paio di stivaletti ricamati d’oro e abbandonati di fretta, divaricati. Poltrone, sedie, uno sgabello azzurro, lasciati in ordine, reclinati, nascosti, pronti a riprendere il loro scopo di postazioni dell’amore mercenario. Anche i bidoni nei quali attizzare il fuoco sono gelidi dopo che l’epidemia ha spento la prostituzione pugliese: ragazzine, donne e trans hanno abbandonato le strade-postribolo alla periferia della buona coscienza d’ogni paese e città.
Le ultime hanno resistito fino a qualche giorno fa. Poi i controlli si sono fatti insistenti e, del resto, nessuno si fermava più. Inutile correre il rischio di una denuncia.

Le più fortunate, si fa per dire, passeranno questa lunga notte collettiva chiuse in casa, in rifugi. Per le altre però il problema principale non è il virus, il problema è la fame. Lo spiegano molto bene gli operatori delle Unità strada e del progetto «La Puglia non tratta – Insieme per le vittime». Un progetto molto importante (ente proponente la Regione Puglia) che - sottolineano - vede come ente gestore capofila la Soc. Coop. Sociale Comunità Oasi 2 San Francesco onlus di Trani, in Ats con le associazioni regionali: Cooperativa Sociale a. r.l. C.A.P.S. onlus di Bari, l’Associazione Giraffah! Onlus di Bari, 2 - Coop. Sociale Onlus Atuttotenda di Melpignano (Lecce), la Soc. Cooperativa Medtraining di Manfredonia (Foggia), l’Associazione Micaela Onlus con sede operativa ad Adelfia (Bari), l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII con sede operativa a Fasano (Brindisi).

«Il problema - spiegano - è che gli operatori delle Unità di strada non possono continuare a lavorare perché non hanno materiale per uscire, come le mascherine, e così fanno assistenza telefonica».
Dalla Onlus Micaela fanno sapere che a Bari tutti, trans e ragazze, sono a casa. Le giovani nigeriane hanno lasciato la strada da almeno 3 o 4 giorni. Sono un po’ spaventate ma si attengono alle raccomandazioni ricevute. Sanno di poter contare sull’aiuto degli operatori anche in caso di difficoltà linguistica, nel momento in cui dovesse presentarsi per loro l’esigenza di mettersi in contatto con i numeri messi a disposizione dalla Regione in caso di contagio o sintomi. Una ha chiesto aiuto perché ha bisogno di prodotti alimentari, non andando al lavoro ha finito i soldi per le provviste. Stesse esigenze sono state manifestate dalle ragazze rumene. Così, tramite l’Associazione Micaela, è intervenuta la Caritas che farà recapitare un pacco con i beni più necessari.

Nel Salento, spiegano dalla Cooperativa Atuttotenda, nella zona che va da Gallipoli a Campi Salentina-Trepuzzi, fino all’11 marzo qualche ragazza (prevalentemente bulgare), ha provato a uscire, ma sono state bloccate e sono rientrate a casa. Da allora non escono per paura e, a quanto dicono, non stanno lavorando neppure in casa. Lo stesso discorso vale per Lecce. Anche qui gli operatori hanno attivato la preziosissima rete Caritas per i bisogni primari, di sopravvivenza, delle giovani.

Dal Nord Barese proprio ieri è arrivato l’SOS da due ragazze Rom, hanno bisogno di cibo e acqua perché non possono lasciare il campo.

In Capitanata sono scomparse anche le numerosissime nigeriane, soltanto qualche bulgara sfida ancora i divieti. Ma pare siano pochissime.

In tutta la regione, ciò che più preoccupa è che manca il pane anche dove le prostitute convivono con i loro bambini, talvolta molto piccoli. È la situazione più grave ma, a quanto risulta, anche per loro sta provvedendo la Caritas.

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