BARI - I lavori sono terminati a dicembre, in ritardo di circa un anno sulla tabella di marcia. Ma questo è il meno. Perché la galleria Pavoncelli bis, opera fondamentale per il sistema idrico pugliese attesa da trent’anni, resta ancora chiusa in attesa che ministero delle Infrastrutture e Regione risolvano problemi amministrativi. Anche perché nel frattempo l’appalto da 117 milioni è finito in un fascicolo della Corte dei conti: gli ispettori dell’Anticorruzione guidata da Raffaele Cantone hanno rilevato una serie di irregolarità nelle procedure gestite dal commissario Roberto Sabatelli, tanto da inviare le carte ai giudici contabili.
Secondo l’Anac, infatti, l’impresa esecutrice (una Ati guidata dalla Vianini spa) si sarebbe aggiudicata l’appalto grazie a una miglioria tecnica sul progetto a base di gara che non ha poi utilizzato, ritornando alla soluzione iniziale. Si tratta del superamento di un tratto allagato nel quale il commissario aveva previsto l’impiego di operai sommozzatori per portare via (dopo averli tagliati) grossi pezzi di metallo abbandonati in un precedente appalto. Vianini aveva invece ritenuto che l’uso dei sommozzatori fosse pericoloso, ed aveva ipotizzato una soluzione alternativa (lo scavo di alcuni pozzi e il riempimento con una miscela autolivellante) che avrebbe garantito tempi più brevi e un minor impatto sull’ambiente. Ma alla fine sono stati usati i sub.
E il risultato, secondo l’Anac, è un pasticcio perché in questo modo «sono state alterate le originarie valutazioni effettuate dalla commissione in sede di gara». La Vianini che - scrive l’Anac - «si era aggiudicata l’appalto con un ribasso economico modesto rispetto alle altre concorrenti, per aver proposto migliorie ritenute valide, è ritornata alla originaria soluzione progettuale, di fatto portando in esecuzione un progetto per il quale le altre imprese concorrenti avevano offerto un ribasso maggiore».
Per tornare al progetto originario, secondo l’Anac, è stata approvata una perizia di variante che avrebbe anche consentito all’impresa di incamerare il 50% del risparmio previsto. Secondo il commissario Sabatelli si tratta di una contestazione «inaccettabile», perché non c’era «alcuna lavorazione non prevista dal progetto esecutivo approvato ma solo una diversa modalità di realizzazione della necessaria eliminazione dal tratto allagato del materiale ferroso». Ma gli ispettori hanno acquisito i verbali di gara e hanno confermato che è andata proprio così. La Vianini ha vinto grazie a quella proposta migliorativa con un ribasso di appena il 5,97%, cioè un prezzo di 110,9 milioni su una base d’asta di 117, mentre quelli offerti da seconda e terza (che non si erano discostate dal progetto originale) erano molto più alti: l’impresa Toto (terza classificata) aveva ad esempio proposto il 25,77% di ribasso. Cioè quattro volte di più. Per questo gli ispettori Anac parlano di «evidente lesione della concorrenza» e «aggravio per l’erario» di una ventina di milioni di euro. E per questo fonti del ministero delle Infrastrutture spiegano che la relazione è al vaglio degli uffici anche per valutare eventuali profili penali.
Ma c’è di più. L’Anac ha contestato al commissario Sabatelli l’importo troppo elevato degli incentivi concessi ai progettisti interni, pari complessivamente a 1.800.000 euro di cui poco meno di un milione erogati al responsabile del procedimento, Filippo Paradiso, ex ingegnere capo del Policlinico di Bari. Troppi perché «una parte consistente delle prestazioni professionali tra cui buona parte della progettazione, la direzione dei lavori, il coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e il collaudo, sono state affidate a soggetti esterni». Lo Stato, insomma, potrebbe aver pagato due volte.