LECCE - Cala il sipario sull’inchiesta riguardante la diffusione della Xylella. A scrivere la parola fine è stato il giudice per le indagini preliminari Alcide Maritati, che nei giorni scorsi ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e dal sostituto Roberta Licci. Le indagini, condotte dai carabinieri del corpo forestale, hanno sì evidenziato irregolarità, negligenze e condotte colpevoli da parte di chi aveva il compito di prevenire e gestire l’emergenza: ma in base alle conoscenze del mondo scientifico, è impossibile provare che questi comportamenti abbiano certamente causato l’inarrestabile avanzata del batterio killer degli ulivi.
Ora, però, potrebbero aprirsi altri scenari. La Procura ha infatti trasmesso gli atti a Bari riguarda ipotesi di falso di atti presso lo Iam ( Istituto Agronomico Mediterraneo) di Valenzano. Ma non solo. All’attenzione dei magistrati baresi ci sono anche due comunicazioni effettuate dal Fitosanitario (rispettivamente il 2 e il 15 ottobre 2013) relativi alla presenza del fenomeno del Codiro sia al rinvenimento della Xylella. Infine è stato trasmesso anche un esposto presentato nel febbraio scorso dalla European Consumers, in cui si fa riferimento alla gestione di finanziamenti da parte della Regione.
Nella corposa richiesta di archiviazione, però, la Procura salentina ripercorre passo dopo passo le meticolose indagini svolte insieme ai carabinieri del corpo forestale, sottolineando che nel corso di questi quattro anni gli inquirenti si sono trovati davanti a condotte omertose, reticenze e scorrettezze. Nella corposa richiesta di archiviazione, però, la Procura salentina ripercorre passo dopo passo le meticolose indagini svolte insieme ai carabinieri del corpo forestale, sottolineando che nel corso di questi quattro anni gli inquirenti si sono trovati davanti a condotte omertose, reticenze e scorrettezze.
In primo luogo, si fa riferimento ad imperdonabili ritardi nelle comunicazioni ufficiali alle autorità competenti sia per quanto riguarda il fenomeno dell’essiccamento degli ulivi che sul ritrovamento della Xylella nel territorio: illuminante al riguardo la deposizione di un ispettore fitosanitario, che riferisce di aver saputo da Guario che già nel 2005 la politica era a conoscenza del problema, ma procedere con gli espianti sarebbe stata una scelta troppo impopolare. Da quell’anno fino al 2013, quando il problema venne reso noto in tutta la sua gravità, nessuna azione di contrasto o contenimento del batterio venne pianificata o attuata. Come mai? Secondo la Procura perché i laboratori incaricati di effettuare le analisi avevano bisogno del tempo necessario per ottenere l’accreditamento al fine di effettuare la manipolazione del batterio.
Un aspetto particolarmente delicato, poi, è quello che riguarda i campi sperimentali, creati in provincia di Lecce fin dal 2010 per testare prodotti fitosanitari efficaci contro la «Lebbra dell’olivo», fino al quel momento espressamente vietati. Le indagini hanno poi accertato che i campi sperimentali erano già stati creati nel 2009, ma né gli uffici della Asl né quelli della Regione avrebbero fornito alla magistratura le notizie necessarie per conoscere i motivi della sperimentazione oppure gli enti proponenti. Con la conseguenza che, in caso di una mancata valutazione del rischio, l’uso di fitofarmaci avrebbe ulteriormente indebolito le difese di piante già esposte all’attacco di batteri come quello della Xylella.
I magistrati, fra le considerazioni finali, scrivono che sulla scorta del contenuto delle mail ricavate dai pc di alcuni indagati emergerebbe un interesse economico ad ottenere finanziamenti in favore dell’Università di Bari, a scapito della ricerca scientifica.