FOGGIA - Adriano Bruno, 58 anni, imprenditore edile di Foggia, chiede allo Stato un risarcimento di 516mila euro per ingiusta detenzione, avendo trascorso 6 mesi agli arresti domiciliari con l’accusa di concorso in estorsione e tentata estorsione al costruttore Raffaele Zammarano, venendo poi assolto dalla Corte di Cassazione. L’istanza è stata depositata dall’avv. Carlo Gesueto nella cancelleria della corte d’appello di Bari, e verrà discussa nei prossimi mesi. Lo Stato riconosce un risarcimento di 117 euro al giorno per l’ingiusta detenzione. Moltiplicati per i 186 giorni ai domiciliari trascorsi da Bruno - dal 2 aprile giorno dell’arresto, all’8 ottobre 2014 quando il gup lo rimise in libertà – si arriva a poco meno di 22mila euro, cui aggiungere i danni morali patiti da una persona assolta: così la difesa è arrivata a quantificare in oltre mezzo milione la richiesta.
Il 2 aprile 2014 la squadra mobile eseguì 3 ordinanze del gip, portando in carcere l’ingegnere Fernando Antonio Biagini all’epoca dei fatti dirigente del servizio lavori pubblici del Comune; e l’ex consigliere comunale Massimo Laccetti; mentre per Adriano Bruno il giudice dispose i domiciliari. Erano accusati di concussione e tentata concussione a Zammarano in relazione a un palazzo di piazza Padre Pio (nella foto, ndr) che il costruttore doveva fittare al Comune perché vi realizzasse una succursale del Tribunale, locazione poi saltata. Per non creare intralci, Biagini con la complicità di Laccetti e Bruno - sosteneva l’accusa che ha retto per i primi due condannati in via definitiva a 5 anni Biagini e 4 anni e 8 mesi Laccetti anche per altre tangenti, ma non per il terzo imputato Bruno assolto - pretese 80mila euro, tangente versata in tre tranche. Un’ulteriore mazzetta di 20 mila euro fu chiesta ma non pagata dalla vittima per sbloccare la sua richiesta di realizzare un parcheggio su un’area comunale adiacente all’immobile: da qui la tentata concussione.
A Bruno in particolare la Procura contestava d’essere stato incaricato “di contattare Zammarano, fargli pervenire la richiesta di tangente ideata e pretesa dai complici, nonché di raccogliere il denaro in contanti da versare” ai coindagati. Per stessa ammissione della Procura non un solo euro degli 80mila versati da Zammarano finì nelle tasche di Bruno che in lungo interrogatorio dopo l’arresto respinse le accuse e spiegò il suo ruolo, disinteressato, nella vicenda.
Il gup di Foggia il 21 settembre 2015 condannò Bruno a 1 anno con sospensione condizionale della pena, derubricando però il reato di concussione e tentata concussione in quello meno grave di favoreggiamento. Sia Bruno sia la Procura appellarono il verdetto; la corte d’appello di Bari il 4 marzo 2022 inflisse 3 anni a Bruno per concussione a fronte della richiesta del pg di assolverlo, ritenendo che se pure non intascò un solo euro l’imprenditore si attivò per non perdere i favori di Biagini in vista di ipotetici appalti dal Comune. La Cassazione il 5 aprile 2023 rese definitive le condanne di Biagini e Laccetti; e assolse Bruno accogliendo la tesi dei difensori avv. Umberto Forcelli e Cinzia Talamo: Bruno contattò il costruttore su richiesta di Biagini; non si mise in tasca un euro; lo stesso Zammarano testimoniando nel processo d’appello si disse convinto dell’estraneità di Bruno alla vicenda; e il gup che in primo grado condannò l’imprenditore a 1 anno per favoreggiamento, scrisse nelle motivazioni della sentenza che “Bruno non ricevette nulla da Biagini per il suo operato: fu coinvolto dagli altri coimputati in una vicenda senza avere uno specifico interesse personale”. Adesso Bruno chiede allo Stato 516 mila per risarcirlo di 6 mesi ai domiciliari.