APRICENA - Il pm Giuseppe Mongelli ha chiesto alla corte d’assise di Foggia di condannare all’ergastolo Angelo Di Lella, 58 anni di Apricena, ex guardia giurata, accusato d’aver ucciso per gelosia la mattina del 16 dicembre 2022 la moglie Giovanna Frino, barista di 44 anni. Secondo l’accusa le sparò 3 volte con la pistola nella cucina dell’appartamento di via Saragat sotto gli occhi di una delle 3 figlie della coppia; fu subito arrestato, è detenuto in carcere a Trani, e ieri ha assistito all’udienza sino alla requisitoria. La richiesta di condanna è stata ribadita dalle parti civili; mentre il difensore, avv. Antonio Gabrieli, ha chiesto di escludere l’aggravante della premeditazione, assolvere l’uomo dai maltrattamenti, concedergli le attenuanti generiche per arrivare a una condanna che eviti il carcere a vita. Sentenza il 20 dicembre.
Di Lella risponde di omicidio aggravato e maltrattamenti; “anche in presenza delle figlie minori, abitualmente maltrattava la moglie con sistematiche aggressioni verbali e fisiche“ è il capo d’imputazione “rivolgendole ingiurie e minacce tali da rendere dolorose e mortificanti le relazioni familiari; era ossessivamente geloso; si rivolgeva alla coniuge con epiteti quali ‘sei una poco di buono’” (gli altri sono impubblicabili); “la umiliava accusandola pubblicamente di avere degli amanti”.
L’evidenza dei fatti e le testimonianze raccolte in 14 mesi d’udienze (la prima si svolse il 27 ottobre 2023) hanno dimostrato – dice l’accusa - la colpevolezza di Di Lella, che una perizia psichiatrica disposta dalla corte ha accertato essere capace d’intendere e volere al momento dell’uxoricidio. La figlia minorenne rimasta a casa quel giorno perché stava poco bene assistette al delitto e corse a chiedere aiuto; familiari della coppia hanno parlato dei litigi tra coniugi e della gelosia di lui. Per il pm l’ex guardia giurata premeditò il delitto sin dalle prime ore della mattinata per poi sparare alla moglie poco prima delle 12; e non merita la concessione delle attenuanti generiche: da qui la richiesta di ergastolo. Richiesta ribadita dalle parti civili: gli avv. Nicola Manna per i familiari della vittima; Gildo Russo quale tutore legale delle 2 figlie minorenni della coppia; Maria Carla Simeone e Gabriella Giancola per le associazioni Filo d’Arianna e Impegno donna. Per l’avv. difensore Gabrieli invece non c’è prova che l’imputato premeditò l’omicidio: si trattò di un delitto d’impeto, influenzato dal particolare stato emotivo dell’imputato di cui peraltro ha parlato anche lo psichiatra, pur escludendo l’incapacità di intendere e volere dell’imputato.
Requisitoria e arringhe sono state precedute proprio dall’interrogatorio dello psichiatra che in aula si è richiamato alla relazione depositata nelle scorse settimane (e di cui la Gazzetta diede notizia il 30 novembre); la perizia fu disposta su istanza dell’avv. Gabrieli in quanto il consulente difensivo ipotizza che Di Lella sia affetto da “disturbo schizoaffettivo con sintomi psicotici”.
Agli atti processuali anche il racconto del presunto assassino che per la prima volta parlò in aula nell’udienza del 27 settembre scorso: nell’interrogatorio di convalida dell’arresto davanti al gip si avvalse infatti della facoltà di non rispondere. Di Lella rispondendo a pm, parti civili e difesa ammise d’essere geloso e d’essere convinto che la moglie avesse un amante; si soffermò sui loro rapporti conflittuali; negò d’averla maltrattata; sostenne d’aver pensato al suicidio nei mesi precedenti; disse di non ricordare d’aver sparato, in quanto il suo primo ricordo è aver chiesto aiuto e l’arrivo di un’ambulanza nel vedere la moglie in una pozza di sangue nella cucina di casa, convinto che fosse ancora viva.